Alla fine Ursula ha fatto due conti e, come ogni politico che si rispetti, è andata a cercare i volti che le servivano per essere sicura della rielezione laddove questi erano disponibili in maggior numero. Il che vuol dire in casa di Verdi, i quali dispongono a Strasburgo di 53 deputati e non hanno il problema dei gruppi di destra, vale a dire la necessità di differenziarsi a seconda delle diverse provenienze nazionali.

Per guadagnarsi il bis, dunque, von der Leyen non ha fatto quello che Giorgia Meloni le aveva chiesto previa telefonata notturna per non metterla in difficoltà, sul fronte italiano, con la Lega di Matteo Salvini e con importanti settori storici del suo elettorato come gli agricoltori, i balneari e i lavoratori del settore automobilistico. Cioè rinnegare il Green deal, che alienandole l'appoggio della pattuglia verde avrebbe reso difficoltosa la sua elezione.

La matematica non è un'opinione: sulla carta, la presidente uscente avrebbe dovuto contare su 401 voti (41 in più del quorum necessario), cifra risultante dall'addizione dei seggi di Popolari, Socialdemocratici e Liberali. Curiosamente, 401 sono stati proprio i voti presi da von der Leyen, con l'aggiunta però di una cinquantina di voti verdi.

L'esito dello scrutinio ha confermato, dunque, che un soccorso esterno sarebbe comunque stato necessario, di fronte a una nutritissima schiera di franchi tiratori. La volta scorsa, cinque anni fa, il margine fu di soli otto voti, con gli eurodeputati green schierati contro, e stavolta i 24 voti degli esponenti di Fratelli d'Italia non avrebbero costituito uno schermo sufficiente alle brutte sorprese.

L'opzione di Ursula, che i meloniani avevano cominciato a intravedere nel corso del faccia a faccia con la presidente di martedì scorso con le parole a loro avviso evasive sul Green deal, si è chiaramente materializzata in aula alle nove del mattino, quando la presidente ha preso la parola nell'emiciclo di Strasburgo. «Abbiamo ottenuto molto insieme», ha affermato von der Leyen, «negli ultimi cinque anni, a partire dal Green Deal europeo al Next Generation Eu, al Patto sulla migrazione e l'asilo e all'attuazione del Pilastro europeo dei diritti sociali. Dobbiamo mantenere e manterremo la rotta», ha aggiunto, »su tutti i nostri obiettivi, compresi quelli stabiliti nel Green Deal europeo».

Un altro passaggio, lungamente applaudito dalla parte sinistra dell'emiciclo, ha riguardato le iniziative diplomatiche assunte dal premier ungherese Viktor Orban da quando ha rilevato il testimone del semestre Ue e prontamente sconfessate dai vertici della Commissione. «Un presidente di un governo europeo», ha sottolineato la presidente, «si è recato a Mosca per incontrare Putin in una cosiddetta missione di pace. Quella era tutto tranne che una missione di pace», ha aggiunto, «era una missione di appeasement». Considerando che mercoledì gli eurodeputati di Fratelli d'Italia avevano voto contro la parte di una mozione di maggioranza che criticava Orban, è risultata ancora più evidente la preoccupazione di coprirsi a sinistra.

Non sono mancati i riferimenti alle tematiche più care ai meloniani, come la difesa dei confini, il potenziamento dei controlli e la previsione di un Commissario per il Mediterraneo, da tempo caldeggiata dalla nostra premier. Un'attenzione che vorrebbe non pregiudicare i rapporti tra le due leader, notoriamente cordiali, ma soprattutto la trattativa per portare all'Italia un commissario congruo per il peso specifico di Roma.

E' innegabile, però, che l'asse franco-tedesco, seppure indebolito dalle ultime tornate elettorali, è stato privilegiato e che se nell'elezione dell'Ufficio di Presidenza dell'Europarlamento l'Ecr era stato incluso nei gruppi idonei a detenere cariche di rappresentanza, nel caso dell'elezione della leader dell'esecutivo comunitario la componente guidata da Giorgia Meloni è tornata dall'altra parte del “cordone sanitario”, assieme ai Patrioti e all'ultradestra. Un'operazione politica che ha cercato di ottenere il coefficiente di rischio più basso nel segreto dell’urna e alla fine è andata a buon fine.

La diretta interessata, non a caso, nei commento del dopo-scrutinio lo ha rivendicato: «Il risultato», ha dichiarato von der Leyen, «mostra che il nostro approccio è stato giusto. Abbiamo lavorato duramente per una maggioranza democratica e il voto di oggi ne è la dimostrazione».