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ANTONIO TAJANI MINISTRO DEGLI ESTERI
Gli indizi, quelli che quando si accumulano fanno prova, sono sin troppi: alcuni noti e conclamati, altri ipotetici e comunque tenuti discretamente al coperto, altri ancora frutto forse solo di pettegolezzi che però, anche quando poco fondati, qualcosa a modo loro dicono spesso. Nell'ultima e meno rilevante categoria rientra la voce sulla sfiducia dei Berlusconi in Antonio Tajani, considerato da Marina e Piersilvio, ma secondo altre opinioni solo dalla prima, troppo accondiscendente nei confronti della premier. È probabile che di vero ci sia pochissimo.
Tajani ha compiuto un mezzo miracolo tenendo in piedi FI, contro ogni previsione, anche dopo la morte del leader che ne era fondatore, capo, anima e programma ambulante: Silvio Berlusconi. Provare a sostituirlo in questo momento sarebbe un suicidio ed è difficile pensare che i pargoli non se ne rendano conto. Ma anche nei boatos in libertà un granello di verità c'è quasi sempre e in questo caso è la spinta degli azionisti di maggioranza del partito azzurro per un maggior protagonismo e una più agguerrita sul fronte dei diritti civili. Il marchio di fabbrica che distingue la nuova FI dagli altri due partiti della destra.
Altra voce, decisamente più credibile, è quella che vorrebbe Fedele Confalonieri, per conto della solita famigliona, impegnato a sondare il terreno per un eventuale acquisto di Radio Radicale. I rapporti tra la mastodontica Forza Italia del Cavaliere e i radicali di Pannella sono stati discontinui, a volte burrascosi, ma senza dubbio pur se a fasi alterne i radicali hanno incarnato la tendenza più liberale e attenta alle libertà civili della portaerei azzurra.
Il partito di Pannella non esiste più. La storica radio ne costituisce la sola tangibile eredità. Nella prospettiva di una più massiccia offensiva sul fronte dei diritti e di una ancor più marcata identificazione di FI come il solo partito della destra attento a quel versante della politica, la proprietà di Radio Radicale avrebbe senza alcun dubbio senso. Sin qui le ipotesi comunque da verificare. Poi ci sono i fatti: i quali registrano uno scontro durissimo nella maggioranza proprio su due leggi che attengono ai diritti, lo Ius Scholae e il fine vita.
Sulla cittadinanza Tajani conferma di voler andare avanti, pronto a prendere voti anche da sinistra giacché «il Parlamento è sovrano». Il vicepremier stavolta è del tutto esplicito: «Abbiamo la nostra proposta che è diversa da quella del Pd e che, chiedendo 10 anni di scuola con profitto, è più restrittiva di quella attuale. Siamo pronti a discuterla con tutti». Non è una disponibilità a votare la proposta del Pd, sottolinea il leader azzurro: «Sono loro che devono votare la nostra proposta e chiunque vuole la vota». L'ala riformista
del Pd non ha perso un secondo per spalancare le porte. «Apertura da verificare ed esperire», per Sensi. «Approviamo insieme una legge doverosa di civiltà politica», rincara Malpezzi. «Ottima notizia», festeggia Madia. La maggioranza del Pd non si esprime ancora ma lasciar cadere l'occasione sarebbe un capolavoro di stupidità politica ed è difficile che Elly commetta un simile clamoroso errore. La Lega è furiosa: «Proposta tecnicamente sbagliata e politicamente irricevibile» , sbotta il capogruppo in commissione cultura Sasso.
I ' cugini' di Noi moderati sarebbero pure d'accordo nel merito ma hanno paura e non lo nascondono. «Le forzature non servono, rischiano di rompere l'unità della coalizione», pigola Lupi. FdI prende tempo, poi si affida alla responsabile immigrazione Sara Kelany. Con massima prudenza: «La legge per noi va bene così ma non viviamo le dichiarazioni di Fi come un problema» . Impossibile crederle. Ma non c'è solo la cittadinanza. La legge sul fine vita è stata scritta, sotto la sferza della Consulta e controvoglia. Di fatto è una legge pensata per rendere il fine vita assistito quasi impraticabile.
Ma FI si smarca: «Ci vuole il dialogo con le opposizioni per migliorare la legge, poi libertà di coscienza». Il passaggio sul quale gli azzurri vorrebbero modifiche è quello che esclude il servizio sanitario nazionale dall'assistenza al fine vita, rendendolo così praticabile solo dalle fasce più agiate, quelle in grado di rivolgersi ai privati.
Su questo punto la stessa Chiesa avrebbe quanto meno numerosi dubbi, che sarebbero stati addirittura esposti alla premier nell'incontro con il Pontefice e con Parolin di mercoledì scorso. Il Vaticano naturalmente approva in pieno l'altro passaggio della legge che mira a rendere impervio il cammino verso il suicidio assistito, l'obbligo cioè di esperire prima tutte le cure palliative. Anche se il cardinal Zuppi ha specificato che anche quella norma deve rientrare nei confini della Costituzione. Sull'assenza del servizio sanitario nazionale però persino la Chiesa ha delle esitazioni, tanto che da quattro giorni i vescovi restano in silenzio ed è un mutismo indicativo. Insomma, per Tajani la partita è davvero pericolosa. Ma non gli mancano alcune carte forti per provare a giocarsela davvero. Sempre che decida di passare dalle parole ai fatti.