Mentre in casa Lega tiene banco la vicenda della possibile espulsione del fondatore Umberto Bossi, che ha creato una divisione marcata tra il gruppo dirigente salviniano e la componente dei governatori, dentro Forza Italia è scoppiato il caso Occhiuto. Un caso che, a differenza di quello che sta agitando il Carroccio, scaturisce non da un risultato elettorale opaco ma da un successo brillante, che ha determinato il sorpasso su via Bellerio e la conquista del secondo posto in coalizione. Il fatto, però, è i dati divisi per aree geografiche hanno dimostrato in maniera univoca che la performance vincente di Fi è stata trainata dai consensi ottenuti al Sud, e in particolare da quelli della Calabria ( 18 per cento), dove il governatore Roberto Occhiuto si è distinto, in campagna elettorale, per le perplessità espresse sul ddl Calderoli per l'Autonomia differenziata. Dopo esser tornato alla carica lontano dai microfoni, nel corso della riunione della segreteria del partito, durante la quale ha chiesto al segretario Antonio Tajani di negoziare con gli alleati delle modifiche al testo in senso maggiormente tassativo sulla definizione dei Lep, Occhiuto ha deciso di rompere gli indugi.

Lo ha fatto non tenendo conto degli accordi di coalizione, fatti presente nel corso della segreteria proprio da Tajani, il quale ha sottolineato che la mancata approvazione a Montecitorio entro giugno dell'Autonomia potrebbe portare Matteo Salvini a innescare una crisi di governo. Nonostante ciò, Occhiuto ha concesso un'intervista al Corsera per dire che il testo che si appresta ad essere approvato non va bene e che ha bisogno di un'ulteriore lettura parlamentare. Questo ha comportato immediatamente una serie di conseguenze che stanno agitando le acque sia all'interno del partito azzurro che nel centrodestra: anzitutto, la reazione della Lega, che non ha atteso per ricordare in modo abbastanza ruvido gli impegni presi da Fi a inizio legislatura.

Poi, ci sono le molte dichiarazioni di esponenti dell'opposizione ( in primis del Pd), che hanno colto subito la palla al balzo e si sono appoggiati alle considerazioni di Occhiuto per attaccare la riforma e chiederne il rinvio in Commissione. La coordinatrice calabrese del M5s, Anna Laura Orrico, maliziosamente, ha invitato Occhiuto alla manifestazione di martedì. Questo ha

suscitato imbarazzo anche dentro Forza Italia, dove alcuni parlamentari sono intervenuti per ribadire la linea del segretario, bacchettando implicitamente il governatore per le sue uscite. Tanto che tra i bene informati non manca chi attribuisce questo attivismo di Occhiuto ( che è anche vicesegretario del partito) alla volontà di mettersi a capo del ceto meridionale di Fi, reclamando per sé – in nome di tale rappresentan-za - un

posto al governo. Questa tesi, off the records, aleggia anche tra alcuni esponenti della stessa Fi, anche se il diretto interessato ha finora negato di avere ambizioni da ministro. Non è la prima volta, però, che il suo nome viene accostato a qualche dicastero. Ogni volta che è spuntata nei retroscena l'ipotesi di un rimpasto da parte della premier Giorgia Meloni, nella rosa dei nomi difficilmente non è stato citato Occhiuto.

«Gli accordi vanno rispettati», ha affermato il capogruppo della Lega alla Camera Riccardo Molinari, «abbiamo raccolto al Senato diverse indicazioni venute dai partiti alleati con ampie garanzie sui Lep». «Ora la legge», ha aggiunto, «va approvata in via definitiva alla Camera, il Paese aspetta l'attuazione dell'Autonomia dal referendum costituzionale del 2001, sono 23 anni, per la Lega si è atteso abbastanza». Per evitare ulteriori turbolenze nel centrodestra, l'omologo azzurro di Molinari, Paolo Barelli, ha ribadito a chiare lettere la posizione di Tajani, affermando che Forza Italia «voterà a favore del provvedimento riguardante l'autonomia differenziata, dal momento che il governo ha confermato che saranno garantiti uguali servizi e prospettive ai cittadini delle regioni del nord e ai cittadini delle regioni del Sud». Anche perché, “stuzzicare” la Lega in questa fase su questo terreno non gioverebbe - per usare un eufemismo – al provvedimento più caro a Fi, quella riforma della giustizia che si appresta a iniziare il tortuoso iter di una legge costituzionale.