I magistrati di Torino non potevano indagare sulla Juventus. A deciderlo è stata la Corte di Cassazione, che ha accolto l'eccezione sollevata dagli avvocati difensori dei manager bianconeri, indagati per presunte violazioni contabili, di spostare al Tribunale penale di Roma l'eventuale processo che verrà incardinato.

La richiesta era stata motivata sulla base di un assunto autoevidente: il presunto reato di “false comunicazioni di bilancio” si sarebbe consumato dove il comunicato ufficiale e la documentazione del bilancio vengono resi noti - ovvero a Milano, sede della borsa o Roma, sede dei server - e non nel luogo in cui tali documenti sono stati redatti o caricati sul sistema informatico, come ipotizzato dai pm torinesi. Che dunque hanno indagato senza avere la competenza per farlo. A dare man forte alla Juventus era stato anche il sostituto procuratore generale della Cassazione, che nella sua richiesta aveva individuato la sede del reato nel capoluogo lombardo, confermando, di fatto, la tesi dei legali del club.

La difesa aveva chiesto il trasferimento anche per l’atmosfera “da caccia al colpevole” che si è respirata a Torino, di certo non mitigata dalle parole di Ciro Santoriello, uno dei pm che hanno condotto le indagini, che nel 2019, durante un convegno, si dichiarò tifoso del Napoli e anti-juventino (“odio la Juventus” la frase incriminata). Dichiarazioni, le sue, rispolverate nei mesi scorsi e diventate virali. Al tavolo con Santoriello - che poi ha lasciato l’inchiesta ed è stato promosso procuratore aggiunto a Cuneo - era presente anche il vicepresidente del Collegio di Garanzia Coni Sandulli, poi autosospesosi durante il procedimento che ha coinvolto il club bianconero, e l'avvocato del Napoli Mattia Grassani.

I magistrati romani dovranno ora ripartire dalla fase istruttoria, di fatto rifacendo il lavoro da capo. Lavoro che però era servito da base per “riaprire” il processo sportivo, che ha di fatto catapultato la società negli inferi del calcio italiano, con l’eliminazione dalle coppe, una pesante penalizzazione e i conseguenti danni economici - stimati attorno al centinaio di milioni . per un club da sempre tra le prime squadre d’Europa. A ciò si aggiunge la gogna: l’inchiesta è stata condotta infatti disponendo intercettazioni a tappeto, oggetto poi di una fuga di atti secretati.

Che fosse necessario togliere le carte a Torino era chiaro già da tempo: i legali del club, infatti, avevano chiesto che a condurre l’inchiesta Prisma fossero i magistrati milanesi - dove i precedenti di Milan e Inter sono peraltro favorevoli - già nel 2021. Nonostante ciò, la procura aveva continuato a scavare nei conti della Juventus, facendo deragliare il club. Ma le crepe nella vicenda sono molteplici, a partire dalla decisione della procura di Bologna di archiviare il caso Orsolini, non ravvisando alcun illecito. Un caso che, per la procura torinese, rappresentava un esempio lampante delle violazioni commesse dalla Juventus, nonché uno degli elementi per la condanna a livello sportivo. A ciò si aggiungono le decine di operazioni sospette condotte da altri club, che però non sono state sfiorate da indagini penali o sportive. A Roma è finito anche il caso plusvalenze relativo al trasferimento di Osimhen al Napoli poi laureatosi campione d’Italia, club che però non è stato sfiorato dalla giustizia sportiva.