I bookmakers della politica danno per imminente il rimpasto. Analisti e professionisti del retroscena si sbizzariscono nel provare a indovinare quali ministri rischiano di perdere il posto e quali si rilassano nei loro dicasteri blindati.

L’occasione sarebbe offerta dalle elezioni europee, anzi da quel che farà seguito a quella prova. Un ministro di peso promosso a commissario europeo, Raffaele Fitto tanto per citare chi già scalpita, darebbe il la al valzer dei ministeri e trattandosi appunto di una promozione l’effetto sarebbe ben diverso da uno scossone di segno opposto, provocato cioè da un addio dovuto a imbarazzanti grane penali come nel caso di eventuali dimissioni della pericolante Santanchè.

Può essere che vada davvero così e che di qui alla fine dell’estate ci troveremo con una squadra rinnovata in alcuni posti chiave. Però quelli che mirano al rimpastone dovranno vedersela con un ostacolo non facilmente sormontabile: Giorgia Meloni. La premier non vuol sentir pare di rimpasto per due motivi: una questione d’immagine e una di sostanza.

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni conclude la Conferenza programmatica di Fratelli d’Italia a Pescara, Domenica, 28 aprile 2024 (Foto Roberto Monaldo / LaPresse)Prime Minister Giorgia Meloni during the Brothers of Italy party Programmatic conference in Pescara, Sunday, April 28, 2024 (Photo by Roberto Monaldo / LaPresse)
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni conclude la Conferenza programmatica di Fratelli d’Italia a Pescara, Domenica, 28 aprile 2024 (Foto Roberto Monaldo / LaPresse)Prime Minister Giorgia Meloni during the Brothers of Italy party Programmatic conference in Pescara, Sunday, April 28, 2024 (Photo by Roberto Monaldo / LaPresse)
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni (LAPRESSE)

Rimaneggiare davvero il governo vorrebbe dire ammettere che non tutto è andato bene, riconoscere che qualcosa non ha funzionato a dovere. Giorgia detta Giorgia vuole diffondere un’immagine opposta e la realtà, per il momento, glielo permette. I dati economici, pur senza essere sensazionali, sono comunque confortanti: la crescita del Pil dello 0,3% nel primo trimestre 2024, certificata ieri dall’Istat è un risultato migliore di quelli di Francia e Germania e segna la terza variazione positiva consecutiva dopo il mezzo tonfo del secondo trimestre 2023. Lo spread è raso terra. L’inflazione cala oltre la media europea. Le assunzioni stabili non sono il miracolo che decanta la presidente ma sono effettive. Il quadro internazionale, percorso dai venti di guerra, gioca a favore del governo italiano e se è vero che la partita europea della premier dopo le elezioni sarà delicata è anche vero che ha conquistato a Bruxelles un ruolo e una credibilità insospettabili al momento della vittoria nelle Politiche del 2022.

Per esaltare al massimo risultati che non sono negativi e che lei intende rivendersi come portentosi ha bisogno di confermare la squadra che, si sa, quando è vincente non si cambia e se invece la si modifica vuol dire che tanto vincente non è.

Nella sostan- za, l’inquilina di Chigi ha tutti i motivi per aspettarsi di uscire rafforzata dagli equilibri interni alla maggioranza che il voto del 9 giugno registrerà. Il possibile sorpasso di Fi sulla

Lega sarebbe per lei un’ottima notizia e si fregherebbe le mani anche solo per un buon esito del partito azzurro. L’intesa con Tajani è perfetta e di una Forza Italia robusta la leader tricolore ha bisogno per pescare voti in quell’area moderata e centrista che continua a storcere il naso di fronte alle intemperanze di Salvini ma anche per le mai recise radici missine di FdI.

Un’eventuale cambio della guardia al vertice del Carroccio non le dispiacerebbe: trattare con i nordici sarebbe per molti versi più facile e soprattutto meno imbarazzante che avere a che fare con un Salvini che vuole competere sul suo stesso terreno e per questo deve caricare sempre oltre misura le sue posizioni. I risultati che raggiungerà FdI sono incerti ma difficilmente saranno tali da far parlare di sconfitta, anche se potrebbero non permettere neppure di rivendicare una vittoria schiacciante. In ogni caso, la sterzata personalistica garantirà alla premier, sulla quale comunque confluiranno moltissimi consensi, la forza per tenere a bada l’intera maggioranza.

Azzardare il rinmpasto vorrebbe dire rischiare di sovvertire il quadro. L’eventuale successo di Fi a quel punto si trasformerebbe in un problema perché gli azzurri chiederebbero una rappresentanza più adeguata e un Salvini con le spalle al muro dovrebbe per forza puntare i piedi. Il terremoto finirebbe per minacciare il ministro dell’Economia Giorgetti che invece è per Meloni una doppia garanzia: con Bruxelles, perché per quanto leghista è uno dei pochi ministri di assoluta fiducia per l’Europa, e perché la sua sola presenza obbliga la Lega a ingoiare di fatto e spesso anche a parole il rigore. Sono due esempi ma se ne potrebbero fare molti altri: un ministro impopolare come Valditara, ad esempio, non potrebbe essere rimosso senza automaticamente revocare in dubbio l’intera impostazione politico- culturale del governo.

Giorgia Meloni, per quanto si compiaccia nel descriversi come reietta e tenuta fuori dalla parte, ha in realtà una lunga esperienza politica sulle spalle. Sa che i governi, quando non è strettamente necessaria e in questo caso non lo è, meno li si tocca e meglio è. Se il rimpasto ci sarà non sarà per volontà di Giorgia ma quasi a dispetto di Giorgia. In questo momento, però, a destra e nella maggioranza, non è facile fare qualcosa a dispetto della premier.

Vandalizzato il murale a Milano

Questa mattina intanto è stato vandalizzato il murale in via Montenapoleone dedicato a Giorgia Meloni in versione Marilyn Monroe nella famosa scena del film "quando la moglie è in vacanza". sulla bocca è stata tracciata una croce e, accanto, è stata vergata la scritta «È un insulto a Marilyn, ti consideri 'pro vita', ma lasci gli immigrati morire in mare».