Da una parte c’è l’opposizione che, per una volta in maniera compatta, chiede le dimissioni di Andrea Delmastro Delle Vedove. Dall’altra c’è la maggioranza, che si chiude a guscio sull’esponente di Fratelli d’Italia difendendone l’operato. Non tanto per convinzione quanto perché a nessuno, dalle parti del governo, converrebbe in questo momento alzare i toni su una questione che si è fatta fin troppo spinosa. Forza Italia si tappa la bocca per non far uscire quello che forse vorrebbe dire, e cioè che un esponente di governo come un minimo di esperienza non avrebbe dovuto commettere un errore così banale, cioè rivelare al proprio coinquilino, nonché compagno di partito, il contenuto di documenti non segreti ma a «divulgazione limitata».

L’impressione, tra gli azzurri, è che la voglia di parlare e di far uscire il risentimento al quale si è aggiunto pure il tema superbonus ci sia, ma che si preferisca mandare giù il boccone e aspettare Fdi al varco della riforma della giustizia, a partire dalla separazione delle carriere. Forza Italia, d’accordo con la Lega e il terzo polo, è a quello che sta puntando, il «bersaglio grosso» come viene definito da un dirigente azzurro, così importante che «non vale la pena rischiare di buttare tutto all’aria per indagine che si concluderà con un nulla di fatto, visto che quei documenti non erano segreti». Che è in buona sostanza la linea della Lega, rappresentata in primis dal sottosegretario Andrea Ostellari, l’altra “ala” che a via Arenula, assieme a Delmastro, sostiene il “centravanti”, cioè il ministro della Giustizia, Carlo Nordio. Con tanto di trequartista, cioè il viceministro Francesco Paolo Sisto, che elegantemente preferisce isolarsi dalla contesa.

Il problema principale, tuttavia, per i tre partiti della maggioranza, è che dall’opposizione non c’è nessuna intenzione di mollare l’osso, per di più dopo che Delmastro è stato iscritto nel registro degli indagati per rivelazione di segreto d’ufficio ed è stato interrogato ieri in Procura a Roma. Un interrogatorio non lunghissimo, circa due ore, in cui l’esponente di Fdi ha ribadito che l’atto in questione non era secretato e non c’è stata nessuna rivelazione.

L’indagine è stata aperta dopo l’esposto presentato dal deputato di Alleanza Verdi e Sinistra Angelo Bonelli e Delmastro, difeso dall’avvocato Giuseppe

Valentino, ha risposto alle domande dei pm titolari del fascicolo, Rosalia Affinito e Gennaro Varone, coordinati dal procuratore aggiunto Paolo Ielo e dal procuratore capo Francesco Lo Voi.

Ed è proprio Bonelli a insistere sulla vicenda. «Dopo l’imbarazzante arrampicata sugli specchi del ministro Nordio - che ha confuso segreto di Stato con quello d’ufficio per costruire un alibi politico a Delmastro e Donzelli - gli chiedo di applicare almeno il principio di precauzione: tolga la delega al Dap al sottosegretario Delmastro - ha detto ieri il co- portavoce di Europa Verde e deputato di Alleanza Verdi e Sinistra Noi continuiamo a chiedere le immediate dimissioni da sottosegretario per Delmastro e da vicepresidente Copasir per Donzelli: Nordio lo faccia al più presto, perché temo che questa difesa ad occhi chiusi rischi di diventare un vero e proprio boomerang».

E per una volta la richiesta di un passo indietro di Delmastro unisce tutto il Pd. Se per il segretario uscente Enrico Letta «le parole di Nordio in Aula hanno aggravato la situazione di DElmastro e Donzelli» e «le dimissioni sono l’unica via d’uscita a prescindere dalle decisioni dei magistrati», anche i due contenenti alle primarie, Stefano Bonaccini ed Elly Schlein, sono sulla stessa linea.

Per il primo «si sono utilizzate informazioni comunque riservate per colpire l’opposizione, dando l’idea che c’è un cedimento nella lotta alle mafie e al terrorismo», per Schlein «è estremamente grave che il sottosegretario non si sia ancora dimesso». E dal terzo polo ad aumentare il pressing è Carlo Calenda, per il quale Delmastro «si deve dimettere non per le indagini, ma perché è gravemente inopportuno che un sottosegretario dia una carta riservata a un compagno di casa membro del Parlamento».

Ma tutti questi attacchi, se pur nella giusta direzione dal punto di vista delle opposizioni, secondo Calenda non serviranno a nulla. Che in fondo è ciò che spera tutto il centrodestra, per uscire da un labirinto in cui nessuno, prima dell’uscita in Aula di Donzelli, avrebbe mai pensato di cacciarsi.