Alla fine la spunta Giorgia Meloni: la sua prescelta, la sorella d’Italia Chiara Colosimo, è ufficialmente presidente della commissione parlamentare Antimafia. A nulla sono valsi gli appelli delle opposizioni a cambiare candidato, né la contrarietà di praticamente tutte le associazioni dei familiari delle vittime, incupite per i presunti rapporti tra l’onorevole di Fratelli d’Italia e Luigi Civardini, l’ex terrorista nero dei Nar, condannato a 30 anni per la strage di Bologna, a 13 per l’omicidio del poliziotto Francesco Evangelista e a 10 per quello del giudice Mario Amato.

Nel giorno del trentunesimo anniversario della strage di Capaci, la maggioranza ha preferito mostrare i muscoli e non recedere di un millimetro davanti alle insistenze delle minoranze. Colosimo diventa presidente della Commissione con 29 voti a favore e nessun controcanto (tranne quattro preferenze di testimonianza andati a Dafne Musolino). Le opposizioni, fatta eccezione per quel che resta del Terzo Polo, asserragliate sulla barricata del “no” hanno optato per l’Aventino, uscendo dall’aula al momento del voto. E chi si aspettava accordi sottobanco che potessero dividere l’asse Pd-M5S-Avs all’ultimo minuto è rimasto deluso: il blocco dei tre partiti ha retto, anche se è servito a poco. A otto mesi dall’inizio della legislatura, la commissione Antimafia si può insediare. Anche se per i dem l’elezione di Colosimo rappresenta uno «schiaffo che la Commissione e questo Paese non meritavano», dice Walter Verini, convinto che la maggioranza abbia dimostrato «sordità e chiusura». Non solo, «con questa presidenza la commissione parte azzoppata e poco legittimata», aggiunge l’esponente Pd.

Polemiche strumentali per Fratelli d’Italia, che con Giovanni Donzelli liquida come «falsità» le notizie circolate nelle scorse settimane sul conto della neo presidente. Che dal canto suo ci tiene subito a precisare: «Io non ho amicizie, io ho espletato nelle mie funzioni di consigliere regionale quello che mi era concesso e che era dovuto, cioè incontrare persone che sono state o sono detenute», scandisce Colosimo. «Conosco Ciavardini esattamente come lo conoscono moltissimi altri eletti di altra appartenenza politica perché lui è in un'associazione che si occupa, come da articolo 27 della Costituzione, del reinserimento dei detenuti nel momento in cui hanno scontato le loro pene», aggiunge l’esponente meloniana nella speranza di mettere a tacere le voci critiche. Poi Colosimo porge un ramoscello d’ulivo ai familiari delle vittime imbufaliti per la sua elezione: «Li invito qui, questa è casa loro, possono venire qui quando vogliono e indicare le priorità».

Vuote parole di circostanza per le opposizioni, che rientrano in Aula solo per eleggere i vice presidenti e i segretari. Vice di Colosimo saranno infatti il forzista Mauro D'Attis (che la spunta con 29 sì) e il 5S ed ex procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho (eletto con 13 preferenze). Segretari: Antonio Iannone (FdI) e Anthony Barbagallo (Pd), che hanno ottenuto rispettivamente 30 e 13 voti. Dem e grillini restano compatti per appoggiare reciprocamente i loro candidati. È la prova della «spartizione» che c'è stata tra i vecchi alleati giallo-rossi, secondo la renziana Raffaella Paita, lasciando Azione-Iv fuori dall'accordo. «Pd e M5S si sono divisi i ruoli e porteranno a casa un segretario e un vice presidente. Non entro nel merito dei nomi, ma hanno stretto un accordo senza coinvolgere noi», spiega l'esponente del Terzo Polo, il Gruppo che più di ogni altro si è scagliato contro la strategia dell’Aventino messa in atto dai partiti di Schlein e Conte.

A risponderle ci pensa proprio l’ex procuratore De Raho: «Il nostro non partecipare al voto della presidente è dimostrativo del nostro orientamento: noi siamo con le associazioni dei familiari delle vittime di mafia. Chi è alla presidenza deve essere al di sopra da ogni sospetto. Il voto è dimostrativo di orientamenti diversi», dice il parlamentare del Movimento. Che poi chiosa: «Ora la Commissione deve muoversi unitariamente e le opposizioni hanno individuato nella mia persona la figura a garanzia perché le cose si facciano. La Commissione deve diradare le nebbie». Sempre che, a 31 anni dalla strage di Capaci e dopo parecchie legislature fatte di inutili dossier, l’Antimafia parlamentare abbia ancora un senso.