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La manifestazione di Acca Larenzia è finita al centro del question-time alla Camera, dopo l’interrogazione presentata dal Pd al ministro Matteo Piantedosi. Ne è venuto fuori quasi un duello tra il ministro dell’Interno e la segretaria dem Elly Schlein sulla valenza dei fatti accaduti, sulle risposte del governo e sulla necessità di rispettare l’antifascismo sancito dalla Costituzione.
Piantedosi, prima di procedere alla difesa d’ufficio dell’operato dell’esecutivo, ha fornito un primo elemento di novità in ordine gli accertamenti in corso dopo la commemorazione delle vittime della strage del 1978. «La questura di Roma, cui va il mio plauso - ha comunicato Piantedosi - ha assicurato lo svolgimento della manifestazione senza che si verificassero incidenti. La stessa questura ha trasmesso alla competente autorità giudiziaria una prima informativa di reato, contestando il delitto di apologia del fascismo a carico di cinque esponenti di Casa Pound, individuati tra i partecipanti, cui seguiranno ulteriori comunicazioni all’esito del riconoscimento e identificazione degli ulteriori convenuti alla manifestazione».
Data questa comunicazione, il ministro si è chiuso a riccio ricorrendo al burocratichese. «Vorrei evidenziare - le parole di Piantedosi alla Camera - che la commemorazione di Acca Larenzia, cui quest’anno hanno aderito circa 1000 persone, nel passato, con le stesse modalità, ha registrato numeri ben maggiori di presenze, con un picco di 3000 nel 2018».
Quando poi il ministro va al nocciolo della domanda rivolta al governo tramite l’interrogazione del Pd in ordine alle iniziative da intraprendere per porre un freno alle organizzazioni di carattere eversivo, sostanzialmente arriva una non risposta giustificata da una «limitata casistica», relativa ai fatti in questione.
«Quanto alle ulteriori iniziative da porre in essere per lo scioglimento di organizzazioni di carattere eversivo - le parole di Piantedosi - ricordo che la particolare complessità dei presupposti previsti dalla normativa vigente è confermata dalla limitata casistica applicativa sinora registrata e dalla circostanza che Governi, anche sostenuti dalla parte politica degli onorevoli interroganti, non hanno mai adottato iniziative in tal senso»'.
Quasi un assist per la replica della segretaria del Pd Elly Schlein, che dopo essersi dichiarata «profondamente insoddisfatta» a nome del gruppo dem, dopo la risposta del ministro, ha dato il via ad una replica squisitamente politica con duri attacchi sia a Giorgia Meloni che al presidente del Senato La Russa.
«Le immagini di quanto accaduto in via Acca Larentia il 7 gennaio sono inaccettabili. Centinaia di braccia tese che fanno il saluto romano mentre viene chiamato il “presente”: una vera e propria adunata di centinaia di uomini schierati a falange che sembrano arrivare, non dal 2024, ma dal 1924».
Né, secondo Schlein, la pur giusta commemorazione della morte di tre giovani può in alcun modo giustificare «l’apologia del fascismo, che è reato. La legge Scelba punisce l'apologia del fascismo e la Costituzione, sulla quale Meloni ha giurato, lo dice con nettezza che le organizzazioni neofasciste vanno sciolte».
E, invece, dal governo di centrodestra si continuerebbe a fare spallucce davanti a fatti gravi, a commistioni pesanti che tradirebbero secondo la leader Pd una certa ambiguità dei partiti di governo. «Nel 2008 Meloni era ad Acca Larenzia con Rampelli e Castellino. È imbarazzante il silenzio di Meloni che non riesce a dire una parola di condanna. Ha fatto una conferenza stampa di tre ore ma bastano pochi secondi per dirsi antifascista». E poi l’ulteriore affondo nei confronti della premier: «Meloni ha detto più volte di non essere ricattabile, si sta ricattando da sola, è ostaggio di un passato di cui non riesce a prendere le distanze».
Anche perché, nella ricostruzione dem, quanto avvenuto lo scorso 7 gennaio non può considerarsi un fatto isolato, compiuto da soggetti fuori dagli schemi. «Non raccontateci come fa Rampelli che sono cani sciolti. Non sono cani sciolti ma un branco organizzato con cui siete andati a spasso per anni e che ha nostalgia del partito fascista. A preoccuparci sono anche le ambiguità di questa destra che torna indietro rispetto a quando almeno riconosceva il fascismo come male assoluto. Avere un presidente del Senato che cerca di legalizzare il saluto fascista è un insulto alla Resistenza».