Giorgia Meloni continua a tacere sulla parata in stile ventennio di via Acca Larenzia. Chi non riesce a trattenere l'istinto di commentare è invece l'altro fondatore di Fratelli d'Italia, nonché presidente del Senato e seconda carica dello Stato, Ignazio Benito Maria La Russa. Che però per l'occasione decide di svestire i panni di esponente politico e di vertice istituzionale per indossare la vecchia toga da avvocato, come se l'adunata neofascista del 7 gennaio fosse prima di tutto questione giurisprudenziale più che politica.

La Russa chiede infatti chiarimenti alla Cassazione in merito alla liceità del saluto romano in pubblico, tenendosi alla larga da ogni condanna personale di certi gesti. «Attendo con interesse la prevista riunione a sezione riunite della Cassazione proprio su questo punto», dice il presidente del Senato. «È possibile che si stabilisca che un saluto romano durante una commemorazione non sia apologia di fascismo, e quindi non sia reato, come molte sentenze stabiliscono. Servirebbe chiarezza, ce lo aspettiamo. Da avvocato appunto, più che politico. Perché, ripeto, come partito noi siamo estranei a certe manifestazioni. Quindi non abbiamo nulla da cui dissociarci».

Dunque, Ignazio Benito Maria La Russa prima di prendere posizione vuole vederci chiaro, in punta di diritto. È lecito o no fare tenere il braccio teso durante una commemorazione di «defunti»? E su questo terreno l'inquilino di Palazzo Madama non ha tutti i torti, non esiste alcuna sentenza univoca in materia. Esistono però le opinioni legittime della politica, da cui formalmente la seconda carica dello Stato dice di voler stare alla larga per questioni istituzionali. Come se dire due parole su un saluto romano fosse inopportuno.

Del resto, non è la prima volta che in famiglia La Russa si interroga su certi temi “commemorativi”. Nel settembre del 2022, Romano, il fratello di Ignazio Benito Maria, assessore alla Sicurezza della Regione Lombardia, aveva onorato la memoria di Alberto Stabilini, militante dell’estrema destra milanese con un passato nel Fronte della gioventù, con il rito del «presente», lo stesso che ogni anno va in scena ad Acca Larenzia: braccio teso e urlo al cielo durante il funerale. «È come quando il portiere dell’Inter Radu fece quell’harakiri con la Cremonese...», non ebbe il timore di commentare, in quell'occasione, il presidente del Senato, fino a poco tempo orgoglioso di custodire in casa un busto del duce, dono del padre, poi spostato nell’abitazione della sorella.

La Russa, si sa, è così. Verace. Consapevole della sua storia. Allergico all’abiura. A suo modo genuino. Caratteristiche che però mal si conciliano col nuovo ruolo istituzionale. Ancor più se da Palazzo Chigi continua a suonare il silenzio sui fatti del 7 gennaio. E in assenza di una linea politica ufficiale, è la posizione del colonnello più alto in grado a fare testo. E il dem Andrea Orlando ha gioco facile nell’ironizzare sui social sul presidente del Senato: «La Russa attende la Cassazione. Scemi noi che pensavamo fosse stato sufficiente il 25 Aprile del ’45».

I continui strafalcioni sono ossigeno per le opposizioni che, caso più unico che raro, chiedono con una voce sola (si accoda persino Italia viva) al ministro dell’Interno Matteo Pantedosi un’informativa sull’adunata romana di domenica scorsa. La segretaria del Pd Elly Schlein annuncia per oggi un’interrogazione al titolare del Viminale «sui fenomeni di fascismo che non vengono contrastati dal governo». Ma, a dire il vero, già Piantedosi qualche parola l’ha pronunciata davanti alla Commissione straordinaria per il contrasto dei fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza. «Vietare si è rilevato controproducente e meno proficuo», ha detto il ministro, senza nascondere «indignazione» per quanto accaduto il 7 gennaio. Anche se «questa manifestazione si tiene da anni con le stesse modalità e, in passato, con una partecipazione addirittura più grande», ha ricordato Piantedosi. «Se si guardano i numeri forniti dalla questura di Roma si potrebbero addirittura dire in calo ma questo non toglie il valore o il disvalore delle immagini viste».

Da Fratelli d’Italia, intanto, continuano a minimizzare quanto accaduto il 7 gennaio, ma a Palazzo Chigi continua a suonare il silenzio.