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A man exits a voting cabin before casting his vote in the second round of the country's presidential election redo in Mogosoaia, Romania, Sunday, May 18, 2025. (AP Photo/Vadim Ghirda) Associated Press/LaPresse
È una domenica elettorale ad alta tensione quella che coinvolge Romania, Polonia e Portogallo. I tre Paesi europei si trovano oggi ad affrontare voti decisivi, tra crisi politiche, instabilità e timori per la sicurezza. A Bucarest, Varsavia e Lisbona, gli elettori sono chiamati a scegliere il futuro dei rispettivi governi in un contesto segnato da profonde divisioni interne e da un panorama internazionale turbolento.
Romania, ballottaggio decisivo in un clima infuocato
In Romania, i seggi hanno aperto alle 7 del mattino per il ballottaggio delle elezioni presidenziali, convocato dopo l’annullamento del precedente scrutinio che ha fatto precipitare il Paese in una crisi politica senza precedenti. A contendersi la carica sono George Simion, 38 anni, leader dell’estrema destra nazionalista dell’Alleanza per l’Unità dei Romeni (AUR), e Nicusor Dan, sindaco in carica della capitale Bucarest.
I primi dati ufficiali indicano un’affluenza al 9,5% dopo due ore dall’apertura dei seggi. Oltre 750.000 cittadini rumeni all’estero hanno già espresso il loro voto, a partire da venerdì, in appositi seggi istituiti in tutto il mondo.
Simion si è recato al seggio nella capitale accompagnato da Calin Georgescu, ex candidato presidenziale escluso dalla corsa per presunti legami con interessi russi. Parlando alla stampa, Simion ha lanciato messaggi forti: «Abbiamo votato contro l’umiliazione, contro gli abusi e la povertà. Ho votato affinché il nostro futuro sia deciso solo dai romeni, per i romeni. Che Dio ci aiuti!».
Il ballottaggio potrebbe segnare una svolta radicale nella politica romena, con il possibile ingresso di un leader populista e ultranazionalista al palazzo presidenziale, in un Paese già segnato da profonde fratture sociali ed economiche.
Polonia, primo turno presidenziale con lo sguardo rivolto all’Ucraina
Anche la Polonia è oggi alle urne per il primo turno delle elezioni presidenziali. Il voto si svolge in un clima teso, dominato dalla crescente preoccupazione per la sicurezza nazionale a causa della guerra in Ucraina. Varsavia è uno degli alleati chiave di Kyiv e la scelta del nuovo presidente potrebbe influenzare il ruolo del Paese nello scacchiere geopolitico dell’Europa orientale.
Tra i 13 candidati in corsa, tre si contendono la vetta nei sondaggi: il liberale Rafal Trzaskowski, sindaco di Varsavia e vicino al premier Donald Tusk; Karol Nawrocki, candidato indipendente sostenuto dal partito conservatore Diritto e Giustizia (PiS); e Slawomir Mentzen, imprenditore e leader dell’estrema destra di Nuova Speranza.
Il risultato del primo turno sarà determinante per capire se i polacchi vorranno proseguire con una linea moderata pro-europea o se preferiranno virare verso posizioni più nazionaliste e conservatrici.
Portogallo al voto per la terza volta in tre anni
In Portogallo, i cittadini tornano alle urne per eleggere i 230 deputati dell’Assemblea della Repubblica. È il terzo voto nazionale in tre anni, segno evidente di una persistente instabilità politica. I seggi hanno aperto alle 8 nel continente e a Madeira, mentre nelle Azzorre l’apertura è avvenuta un’ora dopo, per via del fuso orario. La chiusura dei seggi è prevista tra le 19 e le 20, con i primi exit poll attesi in serata e i risultati ufficiali intorno alla mezzanotte.
Secondo le previsioni, nessun partito otterrà una maggioranza netta. I socialdemocratici di centro-destra (PSD), guidati dal premier uscente Luis Montenegro e alla testa della coalizione Alleanza Democratica, sfidano i socialisti di centro-sinistra (PS), in un duello che ha caratterizzato mezzo secolo di storia politica portoghese. In corsa anche Chega, formazione sovranista che punta a capitalizzare il malcontento popolare.
Sono oltre 10,8 milioni gli elettori chiamati a votare, tra residenti e cittadini all’estero. L’esito del voto potrebbe sancire la nascita di un nuovo governo di minoranza, prolungando l’impasse politica che da anni frena il Paese.