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Corte costituzionale
La Consulta spacca la maggioranza e ridisegna la geografia delle alleanze. Almeno su un tema, quello dell’ergastolo ostativo, su cui la Corte costituzionale ha concesso al Parlamento un anno di tempo per rimettere mano alle norme in vigore, considerate incostituzionali. E così, nel governo di tutti e di nessuno i partiti si posizionano liberamente sull’argomento in base alle proprie sensibilità: sull’ergastolo ostativo non c’è ragionamento di opportunità politica che tenga. L’alleanza tra Pd e M5S, ad esempio, può anche andare in malora, la differenza tra dem e grillini su argomenti legati alla giustizia è troppo profonda per essere colmata in pochi mesi: convinti della necessità di assecondare la Corte i primi, mossi dalla fede nella pena severa i secondi.
Così, potere della Consulta, risbocciano all’improvviso vecchi amori che il rancore sembrava aver sepolto, come quello tra Lega e Movimento, i coniugi del primo governo Conte finiti a scagliarsi l’argenteria addosso dopo il “tradimento” del Papeete.
L’ergastolo ostativo potrebbe ridistendere gli animi. O così sembra ad ascoltare il punto di vista intransigente dei vecchi alleati. Anche se con sfumature e toni diversi, salviniani e contiani si schierano sulla stessa parte della barricata: l’ergastolo ostativo non si tocca. «La nostra legislazione antimafia è la migliore al mondo, ed è stata scritta con il contributo di persone che hanno sacrificato la loro vita per servire il Paese», dice l’ex ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, prima di annunciare: «Subito dopo il deposito delle motivazioni della decisione della Corte costituzionale, il Movimento cinque stelle presenterà una proposta di legge per proteggere e salvaguardare quell’impianto normativo che ha consentito di fare passi avanti enormi nella lotta alle mafie». Bonafede è sicuro che in Parlamento il M5S riuscirà a trovare ampia convergenza sulla proposta pentastellata «in quanto la battaglia contro la criminalità organizzata di stampo mafioso è patrimonio comune a tutte le forze politiche». L’ampia convergenza auspicata dall’ex Guardasigilli, al momento si esaurisce però alle forze della destra. E nenache tutta, visto che Forza Italia esprime una posizione molto diversa dagli alleati. Salvini in compenso è perentorio: «Per mafiosi e assassini l’ergastolo non si toca, dicano quello che vogliono. E basta», twitta senza giri di parole il leader della Lega. La Corte costituzionale, in altre parole, può dire ciò che vuole, con chi non collabora bisogna buttare la chiave, è il messaggio neanche troppo velato dei sostenitori della galera fino alla morte. «Le indicazioni della Consulta vanno tenute nel doveroso conto ma con altrettanta chiarezza va riaffermato che la lotta senza quartiere a mafie e criminalità organizzate non può tradire incertezze o passi indietro», scrivono in una nota i parlamentari in commissione Antimafia del Carroccio. «Chi sceglie la via dell’illegalità e non sente alcuna necessità di pentimento, non può vedersi riconosciuti benefici», aggiungono, assicurando il contributo della Lega per rispondere alla Consulta, senza però mettere in discussione le proprie convinzioni: nessuno «spazio o ambiguità verso chi delinque impunemente». Parole che sembrano rubate di bocca ai colleghi del Movimento impegnati in commissione Giustizia alla Camera, che a loro volta scrivono: «L’unico modo che il mafioso ha per ravvedersi è collaborare con la giustizia». Dare invece «la possibilità di accedere a benefici penitenziari e liberazione condizionale, in assenza di collaborazione, significa indebolire principi e capisaldi nella lotta alle mafie voluti, tra gli altri, da Giovanni Falcone e Paolo Borsellino» .
L’intransigenza pentastellata si scontra però con l’atteggiamento “laico” del Pd, convinto che non si possano ignorare le indicazioni della Corte costituzionale su un tema così delicato. «Il Parlamento non può rimanere ostaggio di chi pensa di dovere affrontare una questione così delicata con frasi superficiali del tipo “l’ergastolo non si tocca” o “la sentenza è una vergoga”», dice il deputato dem Carmelo Miceli, componente delle commissioni Giustizia e Antimafia. Bisogna invece trovare il «giusto bilanciamento tra la funzione emendativa della pena e l’aspettativa di giustizia delle vittime, tra la tutela del principio di uguaglianza dei cittadini dinanzi alla legge e la necessità di interrompere la pericolosità sociale che deriva dal carattere permanente del vincolo associativo mafioso», aggiunge Miceli. Tutto questo si può fare, concluce l’esponente Pd, «basta avere il coraggio e la determinazione di affrontare il dibattito senza cedere alla demagogia spicciola e al populismo sconsiderato».