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Dopo l'imbarazzante boutade del ministro Alfano sul rinvio causa terremoto del referendum e l'immediato niet di Renzi, l'imperitura mania dietrologica italiana si è sbizzarrita. La trama secondo i furbissimi è semplice: Angelino era stato mandato in avanscoperta dal diabolico di palazzo Chigi, il quale, visti i risultati sconfortanti del ballon d'essai, si è poi affrettato a mollare il suo ministro di paglia, che tanto alle figuracce è abituato.Come quasi sempre, gli scopritori di complotti hanno probabilmente torto. Renzi, a differenza dell'astuto Alfano, non ha alcun interesse nel rinviare il referendum, e non solo perché sa che apparirebbe inevitabilmente non come un premier preoccupato per i terremotati ma come un leader fuggiasco preoccupato solo dall'eventualità di essere sconfitto. Che questa considerazione abbia un qualche peso nell'ostilità di Renzi al rinvio dell'ordalia referendaria è probabile, però si tratta di un elemento, se non proprio ininfluente, almeno secondario.Il fattore determinante è un altro: se si vota a breve l'inquilino di palazzo Chigi pensa di trovarsi in una classica situazione win-win, dalla quale cioè in un modo o nell'altro uscirà comunque vincitore. Se invece si arrivasse alle urne tra un anno le cose sarebbero ben diverse.Renzi ritiene che se vincerà il referendum, fosse pure per un pugno di voti, la partita sarà di fatto chiusa. Probabilmente ritoccherà la legge elettorale ma senza intaccarne i fondamentali, convinto di arrivare alle elezioni politiche, subito o più probabilmente a naturale scadenza della legislatura, con il vento in poppa. La vittoria del Sì sancirebbe l'avvenuto superamento della fase negativa nella quale annaspa dalle elezioni comunali in poi.Se invece la riforma sarà battuta, Renzi ha già deciso di lasciare la guida del governo subito dopo il varo della legge di bilancio: restare a palazzo Chigi dopo una simile mazzata e con una maggioranza al Senato esigua e malfida vorrebbe dire candidarsi alla sconfitta e a una conseguente definitiva uscita di scena alle elezioni politiche. Matteo Renzi non è tipo da mettere da solo la testa sotto la ghigliottina per facilitare il lavoretto al boia. Come dice lui stesso agli intimi: «Io non sono Enrico Letta».Per quanto riguarda la segreteria del Pd, in compenso, la strategia dell'attuale premier è opposta: quella poltrona Renzi la difenderà con le unghie e con i denti ed è convinto di spuntarla. La minoranza tenterà certamente di scalzarlo ma con poche speranze di vittoria, soprattutto perché non dispone di un candidato alternativo e non può certo richiamare in servizio Massimo D'Alema o Pierluigi Bersani.Renzi ha scoperto a proprie spese quanto esoso sia il prezzo di palazzo Chigi in termini di popolarità. Ma tra un anno e passa, con un altro governo di mezzo, il ricordo della sua presidenza sarà sbiadito, il tasso d'impopolarità sarà vertiginosamente sceso e il segretario del Pd potrà ripresentarsi alle elezioni nelle vesti del rottamatore. La sconfitta della riforma, infine, seppellirebbe anche l'Italicum ed è probabile che a sostituirlo arriverebbe una legge elettorale proporzionale. La cosa non farebbe piacere a Renzi, maggioritario convinto. Però, volente o nolente, gli farebbe comodo: metterebbe fuori gioco il rivale più temibile, quello a cinque stelle.Qualora invece si votasse tra un anno il quadro sarebbe opposto. Il referendum sarebbe a ridosso delle elezioni politiche e un'eventuale sconfitta del governo decreterebbe quasi automaticamente identico verdetto nelle elezioni immediatamente successive. Per questo la proposta di Alfano deve essere apparsa a Renzi follia pura, e del resto proprio questa reazione denotano la rapidità e la brutalità con cui la ha bocciata.Il bello è che su una strategia simile sembra contare anche Grillo. La proposta di una legge elettorale proporzionale, che a breve svantaggia soprattutto il suo movimento, pare fatta apposta per rendere inevitabile un governo del Nazareno, con l'intenzione di raccogliere poi da solo il 51% dei voti nelle successive elezioni. Ma per il momento le preoccupazioni di Renzi non arrivano certo tanto in là col tempo.