«Ho sbagliato a personalizzare», esattamente, cosa significa? E soprattutto che conseguenze politiche comporta? Per prima cosa bisogna riconoscere che la novità insita nelle affermazioni di Matteo Renzi è tutt'altro che trascurabile. La Costituzione stabilisce le regole del gioco politico-istituzionale: in questo senso è di tutti, non appartiene a questa o quella parte politica. Che sia un governo, non importa di quale colore, a farsi promotore di modifiche sostanziali alla Carta ? e quella dell'abolizione del bicameralismo non è solo sostanziale bensì per l'Italia assolutamente rivoluzionaria ? già è esercizio improprio. Che poi il capo di quel governo leghi il suo permanere in carica e perfino il suo destino politico ad un certo tipo di risultato, è sicuramente un fuor d'opera.Se si ricorre al referendum confermativo poiché non si è raggiunta la quota dei due terzi di voti favorevoli in Parlamento, vuol dire consegnare nelle mani dei cittadini la valutazione se quei cambiamenti sono giusti o no. Il governo, il suo leader e i ministri, non possono che essere spettatori.Dunque bene ha fatto il presidente del Consiglio nel suo esercizio di resipiscenza. Il che tuttavia non significa che il nodo politico riguardo la consultazione popolare ed i suoi effetti sia così stato sciolto. Tutt'altro. Il punto vero è semplice: con il suo "pentimento" Renzi vuol significare che resta in carica comunque vada, sia che vincano i Sì o prevalgano i No? Vuol dire, cioè, che si rimangia la decisione ampiamente annunciata di dimettersi in caso di sconfitta?Retromarcia o salto nel buio?Se è così, le conseguenze politiche sono due. Da un lato, Renzi miniaturizza le critiche di chi lo considera troppo borioso e asseverativo: dimostra cioè di saper riconoscere gli errori e accettare i consigli che gli arrivano. Mica poco. In più ? ed è qui la vera svolta ? toglierebbe dal tavolo la carta più importante, l'Asso di Cuori in mano ai suoi avversari. È fin troppo ovvio, infatti, che centrodestra e cinquestelle intanto mobilitano il loro elettorato in quanto lo convincono che votando No si mandano a casa governo e maggioranza, si volta pagina e si apre un capitolo completamente nuovo. Il fatto che il voto riguardi modifiche costituzionali passa del tutto in secondo piano rispetto al jackpot che il benservito a Renzi rappresenterebbe. Dal lato opposto, se il capo dell'esecutivo resta inchiodato al suo posto indipendentemente dal risultato, paga un prezzo notevole in termini di coerenza: la sua immagine mediatica ne verrebbe comunque offuscata. Niente tuttavia al confronto di ciò che accadrebbe a quella politica: non solo l'epopea del rottamatore vincente finirebbe in archivio ma c'è da giurare che l'opposizione interna al Pd (e non solo...) gliela farebbe pagare alla grande rendendogli la vita impossibile. Del resto se già ora Roberto Speranza chiede di fissare la data del congresso Pd come redde rationem, è facile immaginare cosa accadrebbe se a quell'appuntamento si arrivasse con una valanga di No: le assise si trasformerebbero in una corrida con nugoli di banderillas in mano a solerti toreri.Basta? Macché. Al di là delle tranquillizzanti affermazioni renziane, infatti, lo scenario appena descritto fa sì che sullo sfondo si stagli un altro interrogativo: davvero il presidente del Consiglio se vincono i No può restare al suo posto come se niente fosse? In altri termini: può ripetersi, ma in forme rovesciate, il copione della Brexit con David Cameron che prima del voto aveva assicurato che qualunque fosse stato l'esito del referendum sarebbe rimasto a Dowining Street e poi, dopo la batosta, è stato costretto a lasciare? Chissà. Certo in caso di sconfitta per Renzi si tratterebbe di un colpo assai grave. Dovrebbe forse tentare di rappezzare un nuovo Nazareno, stavolta però indossando i panni dello sconfitto. Difficile da credere. Ancora più difficile da concretizzare.Una mossa per ora solo comunicativaDunque? Dunque quel «ho sbagliato a personalizzare» si configura come un messaggio dalla caratura soprattutto comunicativa. Serve a smussare le perplessità di chi ha creduto e magari ancora crede in Renzi ma non apprezza i suoi toni di sfida continua, quel sembrare voler irridere i suoi avversari, non solo sconfiggendoli politicamente ma cercando di annichilirli. Per questo nonostante le cautele della vigilia è inutile farsi illusioni: la campagna elettorale referendaria sarà senza quartiere. La stoccata di Renzi sui risparmi derivanti dalla riforma da devolvere ai poveri è un affondo verso i cinquestelle: la replica è affidata agli affondi della Raggi su una Roma degradata mentre il Pd «dormiva». FI, per ora, si nutre delle bordate di Renato Brunetta. Stefano Parisi tiene il freno a mano tirato. Fino a dopo Ferragosto?