Di Rita Bernardini si sa tra l'altro che non ama perifrasi: «Vogliamo parlare dei detenuti che hanno il bagno a vista in cella e se ne devono servire davanti a tutti? ». Beniamino Migliucci, presidente dell'Unione Camere penali, le sta di fianco: passa per uno deciso ma diplomatico, invece va oltre: «In quello stesso spazio i detenuti devono cucinarci». Radicali e avvocati sono uniti nell'indignazione. Si ritrovano sullo stesso fronte per l'amnistia, l'indulto e il «ripristino della legalità», come dice il segretario Ucpi Francesco Petrelli. Non è un'alleanza recente, risale almeno ai tempi del processo Tortora: di sicuro per gli eredi di Pannella la piena adesione dei penalisti alla marcia per l'amnistia di domenica è una delle più significative. Nel giorno del Giubileo dei detenuti celebrato a San Pietro da papa Francesco, l'avvocatura penale muoverà da Regina Coeli con il Partito radicale verso il luogo simbolo della cristianità. Migliucci e Petrelli riaffermano «la visione comune sulla giustizia» con Bernardini, Turco, D'Elia e Rossodivita, presenti alla conferenza stampa di ieri. Sfidano tutti insieme anche certe ritrosie cattoliche. Il presidente della Cei Angelo Bagnasco tiene a precisare che «i vescovi hanno aderito al Giubileo dei carcerati ma tutt'altra cosa è la marcia». L'impressione è che per molti chiedere l'amnistia, persino in tempo di misericordia, sia un po' troppo. Ma conteranno le parole del Pontefice: l'iniziativa radicale è intitolata a lui e a Pannella. Molti detenuti vi prendono parte idealmente con lo sciopero della fame di sabato e domenica: «Il loro numero è già oltre quota 12mila». Un'enormità, il 20 per cento dei reclusi di tutta Italia. «In ordine di tempo accogliamo l'adesione dell'Anci e della Regione Piemonte: importantissime», dice Bernardini. La cui iniziativa nonviolenta non finirà a San Pietro. «Andrò avanti finché il ministro della Giustizia Orlando non risponderà alla lettera che gli ho inviato». Il fatto è che la dirigente pannelliana propone al guardasigilli di stralciare la delega sul carcere dal ddl penale. E il ministro non intende spacchettare la sua riformaI provvedimenti «di sistema», ricorda il presidente delle Camere penali, «sono considerati da preferirsi a misure eccezionali come amnistia e indulto: ma se la politica non è in grado di assicurare provvedimenti strutturali, ben venga che ricorra a quelli emergenziali». Sergio D'Elia va dritto al punto: «Non mi risulta che l'Italia, condannata dalla Corte europea, abbia risolto con misure stabili l'emergenza carceraria». Perciò la vera riforma «si chiama amnistia».Difficile controbattere. La legalità, dicono a una voce radicali e penalisti, manca «dai tempi del disperato appello di Pannella e Tortora». I detenuti sono di nuovo 55mila, «e il sovraffollamento è superiore al 105%, considerato che 5.000 celle sono inagibili», ricorda Bernardini. A Orlando va riconosciuto di aver provato a dare una sterzata «anche con gli Stati generali», dice Migliucci. E di Renzi, Bernardini nota «l'importanza della visita al carcere di Padova». Ma non basta: sull'amnistia «con la marcia di domenica inizia un percorso». Anche in vista di una campagna per promuovere la legge firmata da Luigi Manconi sull'abbassamento del quorum dell'articolo 79. «Sostegno alla richiesta di stralcio della delega penitenziaria dalla riforma penale e allo sciopero della fame che Bernardini conduce con altri compagni da 23 giorni», dice il senatore pd. Senza chiedere nulla in cambio.