Vince la mozione di Turco e Bernardini, e di molto. Vince con 99 voti di distacco, 178 contro i 79 raccolti dal documento degli avversari, Magi e Cappato. La linea dei pannelliani ortodossi ruota su tre punti - risanamento, lotte per la giustizia e azioni legali “per la tutela dei diritti e degli interessi del partito” - ma non prefigura espulsioni. E dall’altra parte i nemici battuti si dicono fiduciosi che “il gruppo di dirigenti radicali” a cui la maggioranza dei congressisti “affida tutti i poteri” non approfitterà della situazione per “impossibili regolamenti di conti”. La soluzione uscita dalle assise di Rebibbia dunque, si legge nella nota degli sconfitti, “non porterà ad alcuna scissione”.La si potrebbe definire una tregua armata. Di fatto l’esito del congresso straordinario del Partito radicale è meno cruento di quanto si potesse immaginare. Dalla tre giorni di riunioni e interventi nell’auditorium del carcere romano esce consolidata la divisione tra due fronti contrapposti. Ma appunto non sembra profilarsi una separazione completa, ossia la nascita di un nuovo e distinto partito dei radicali dissidenti. Esito che, come anticipato sul Dubbio, non avrebbe avuto ragione di essere. Non foss’altro perché la frazione uscita in minoranza dalle assise straordinarie di Rebibbia mantiene il controllo del soggetto “nazionale”, Radicali italiani. Una formazione di cui Riccardo Magi è il segretario e Marco Cappato il presidente. Un’area di dirigenti e militanti che si trova vicina a Emma Bonino. Proprio da questo fronte arrivano segnali distensivi: nella loro nota Magi e Cappato definiscono sì “una soluzione che toglie forza al partito” quella di concentrare le decisioni nel ristretto gruppo di Turco e Bernardini, che è rappresentativo “solo di alcuni dei nostri fronti di iniziativa”. Ma oltre ad assicurare che lo strappo non spingerà l’opposizione ad andarsene, Magi e Cappato si dicono certi appunto che i poteri speciali saranno utilizzati “dai nostri compagni” per “portare avanti battaglie di libertà che condividiamo, e alle quali parteciperemo”.Dall’altra parte pesa certo la scelta di restringere la cerchia delle decisioni a chi ha composto la presidenza di queste assise straordinarie, in particolare a Rita Bernardini, Antonella Casu, Sergio D'Elia e Maurizio Turco. E pesa anche quel preciso passaggio sulle azioni a tutela dell’immagine del Partito radicale transnazionale, con lo stesso Turco che, come recita la mozione vincitrice, “assume la rappresentanza legale, nell'esercizio della quale ha espressa facoltà di proporre ogni azione per la tutela dei diritti e degli interessi del Partito” e di “di nominare avvocati e procuratori”. Il riferimento è a nuovi eventuali casi analoghi a quello delle liste radicali presentate a Roma e Milano. Ma in fondo gran parte del documento si concentra sulle iniziative nel solco della “battaglia di Marco Pannella”, in particolare “per l’amnistia e l’indulto”. Soprattutto, i vincitori mettono al centro del progetto, nell’immediato, “una mobilitazione non violenta che avrà il suo culmine in una marcia da Regina Coeli a Piazza San Pietro il 6 novembre 2016, giornata del Giubileo dei carcerati, intitolata a Marco Pannella e Papa Francesco”. Allo stesso modo Magi e Cappato dichiarano di continuare a “lavorare, a partire dalle iniziative già in corso, come la raccolta firme sulla legge popolare sulla cannabis legale”. E danno appuntamento ai congressi dell’Associazione Luca Coscioni e soprattutto a quella di Radicali italiani, prevista per i primi di novembre. Ognuno percorrerà una strada che però fatalmente incrocerà quella degli altri: nelle assise del soggetto “nazionale”, infatti, Magi e Cappato si ritroveranno di fronte proprio gli avversari da cui sono usciti battuti in questo fine settimana. A rimetterli insieme sarà probabilmente la sfida lanciata da Turco per le “tremila iscrizioni da raggiungere entro il 2017” con uno stesso numero di adesioni da raccogliere anche nell’anno successivo. Solo così sarà possibile ripianare i debiti e rilanciare l’azione politica, spiega il dirigente pannelliano. Se si fallisse, è scritto nella mozione, si dovrà procedere a liquidare il partito. Se si arriverà al traguardo, “entro 90 giorni sarà convocato il congresso ordinario”. Continuare a vivere o chiudere, con poco più di un anno di tempo a disposizione. Probabile che sarà proprio la difficoltà dell’impresa a imporre un riavvicinamento tra gli eredi di Pannella.