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MARIA ROSARIA BOCCIA FASHION WEEK
Chiuso (per modo di dire) un caso se ne apre un altro. La vicenda Sangiuliano, almeno quella del ministro Sangiuliano, è finita. Quella che coinvolge Bianca Berlinguer impazza e dietro, di nuovo, c’è l’ineffabile Maria Rosaria Boccia. L’attacco del parlamentare FdI Luca Sbardella contro la giornalista è di violenza inusuale persino per le pessime abitudini italiane: «Ha provato a trascinare nel surreale dibattito un soggetto terzo come Arianna Meloni. La sua è una tecnica grossolana e infantile che consiste nel dare una notizia negando allo stesso tempo di volerla diffondere. Una tecnica degna del peggior giornalismo».
La vicenda è nota: per spiegare la defezione della forse dottoressa dal suo programma È ancora CartaBianca, dove l’ex amica di Sangiuliano avrebbe dovuto essere intervistata, la conduttrice aveva spiegato che la medesima Maria Rosaria avrebbe voluto citare la sorella della premier come una delle possibili origini della sua mancata nomina a consulente ministeriale. Così facendo, però, proprio Berlinguer aveva fatto per prima il nome incandescente e tanto è bastato per trasformare in certezze i sospetti che campeggiavano in via della Scrofa. Perché è piuttosto chiaro che se le staffilate sono rivolte solo alla giornalista il vero obiettivo è il suo editore, cioè Pier Silvio Berlusconi, che Meloni (Giorgia) considera più o meno un oppositore travestito e fortemente sospetto di avere mire politiche tortuose e inconfessabili.
La ruggine tra i due c’è davvero e c’era da ben prima che l’imprenditrice di Pompei iniziasse il suo gioco dinamitardo. La premier aveva davvero considerato un atto apertamente ostile l’annuncio dell’intervista a Boccia su una rete Mediaset e dire che l’aveva preso molto male è solo un eufemismo. In una situazione così tesa e delicata immaginare che l’editore non abbia chiamato la conduttrice per concordare una linea, suggerire cautela o almeno verifiche rigorose sulle parole della mina vagante è poco realistico.
Però di qui a immaginare una manovra ordita da Bianca Berlinguer contro Meloni (Arianna) per colpire Meloni (Giorgia) ci passano tutta la paranoia, tutta la sospettosità anche malintesa, tutta la sindrome d’assedio di cui sta dando prova FdI. Nella quotidiana sventagliata di post, Boccia ha del resto scritto esattamente quel che aveva intenzione di dire nel corso dell’intervista secondo Berlinguer.
Si tratta, al solito, di un’allusione, calibrata in modo da destare sospetti e alimentare voci senza però dire nulla di preciso e senza neppure fare affermazioni passibili di smentite. La consulente mancata elenca alcune possibile ragioni che avrebbero portato a stracciare il suo contratto e tra queste, come se nulla fosse, inserisce un colloquio tra la sorellissima e l’allora ministro senza però dire niente sui contenuti dello stesso ma facendo capire che potrebbe conoscerli. Ma sempre per accenni e senza affermarlo chiaramente.
In un sistema mediatico e politico sano questa strategia comunicativa dovrebbe avere respiro cortissimo: il paio di giorni necessario perché i giornalisti, a prescindere dalle simpatie politiche, reclamassero chiarezza o, in caso contrario, spegnessero i microfoni. È infatti evidente che, se portata avanti oltre un tempo molto limitato, la modalità comunicativa basata sul dire e non dire, sul far capire ma potendo poi sempre negare, sull’invocare una verità sfuggente promettendo e minacciando di dirla ma senza poi mai farlo davvero innesca spirali vertiginose di voci, leggende metropolitane, sospetti a tutto campo, ipotesi spericolate.
Nella penombra tutto è possibile senza neppure dover dimostrare che all’origine sia successo davvero qualcosa, salvo quella consulenza negata che la signora Boccia considera anticamera della dittatura (sic) e poco male perché in fondo chiunque ha il diritto di delirare se non fosse che il sistema mediatico intero finge di prenderla sul serio.
Se una strategia mediatica di questo tipo, poco importa se dettata da una psicotica ansia di protagonismo o da calcoli politici più sofisticati, può godere in Italia di piena legittimità è perché da un pezzo tutti si sono abituati a combattere con mezzi affini la battaglia politica e perché da un pezzo i media non sono più solo schierati da una parte o dall’altra, come è inevitabile, ma ritengono di dover intervenire direttamente a favore della loro parte con ogni mezzo a disposizione. Inclusa una vicenda che dovrebbe essere letteralmente inconcepibile come le non-rivelazioni dell’imprenditrice di Pompei.
Calcolo miope: chiunque venga colpito a breve, alla lunga la vittima è il residuo scarno di credibilità di cui ancora godono la politica e l’informazione in Italia.