Garantisti contro giustizialisti, liberali contro forcaioli, cantori dello stato di diritto contro manettari. In media stat virtus, direbbe il ministro della Giustizia Carlo Nordio con uno dei suoi latinismi. Peccato che stavolta non ci siano vie di mezzo.

Il dietro le quinte del governo sul caso Donzelli-Delmastro è tutto qui, nella dicotomia presente in maggioranza tra chi segue la linea del Guardasigilli e chi nei fatti collega la visita di alcuni parlamentari a un detenuto al presunto sostegno di quel partito a mafia e terrorismo.

Due fronti opposti, messi a tacere in campagna elettorale e nei primi mesi di governo ma che ora il dibattito sulle intercettazioni prima e il caso Cospito poi hanno messo in evidenza, allargando una crepa sulla quale Renzi si è buttato a capofitto con il suo discorso in Senato cercando di aumentare ancora di più il divario (e il nervosismo) tra Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia. Una dicotomia che la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, sta cercando in queste ore di smorzare, chiedendo a tutti di abbassare i toni e compattarsi contro il nemico comune, cioè gli attacchi anarchici, che sono «non contro il governo ma contro lo Stato».

Eppure la sfida non è semplice, visto che nelle maggioranza le due fazioni non solo esistono, ma nei corridoi di Montecitorio, palazzo Madama e via Arenula si combattono a colpi di veline, dichiarazioni al vetriolo e rivelazioni del contenuto di documenti sensibili. «C’è o non c’è un contrasto tra l’idea liberale di una destra che sulla giustizia ha un’idea garantista e chi invece ha un’idea giustizialista cresciuta nella visione forcola che ieri è stata espressa?», si è chiesto Renzi in riferimento alla bagarre alla Camera dopo le parole di Donzelli.

Da una parte c’è Forza Italia, che si sforza di rappresentare la componente liberale e garantista della coalizione, rappresentata al ministero della Giustizia dal viceministro Francesco Paolo Sisto e in Parlamento dai due capigruppo Licia Ronzulli e Alessandro Cattaneo. E, su tutti, da Silvio Berlusconi, che ha sottolineato la sacralità della salute dei detenuti così come il diritto dovere dei parlamentari di fare visite nelle carceri.

Dall’altra ci sono Fratelli d’Italia e Lega, che rappresentano nel governo la linea dura della fermezza. I primi rivendicando «garantismo nel processo e giustizialismo nell’esecuzione della nel pieno di Tangentopoli.

Eppure ci sono delle eccezioni, ed è questo il vero problema per Fratelli d’Italia. Perché con lo scoppio del caso Donzelli- Delmastro la presidente del Consiglio si trova stretta tra due fuochi, con l’opposizione che, da un lato, chiede le dimissioni dei due fedelissimi, e dall’altro, chiede conto a Meloni del suo posizionamento. «Volete dimostrare di essere una destra liberale e conservatrice o volete inseguire il giustizialismo di Donzelli e Delmastro?», ha chiesto retoricamente Renzi alla leader di Fdi.

Ricevendo diverse strette di mano da senatori della maggioranza, in primis leghisti e forzisti. Ed è qui che la crepa rischia di diventare voragine. Forza Italia e Lega non hanno alcuna intenzione di sostenere fino in fondo Fratelli d’Italia nella difesa dei due esponenti meloniani. Matteo Salvini in un primo momento l’ha fatto, sperando che tutto si risolvesse «in una stretta di mano» mentre dagli azzurri arrivava solo gelo. Poi anche la Lega si è smarcata, puntando dritto sull’Autonomia che è arrivata ieri in Consiglio dei ministri e lasciando che Meloni sbrogliasse da sola la matassa.

Compito non semplice, se è vero che si registrano malumori anche tra i suoi parlamentari più vicini alla sensibilità giuridica del ministro Nordio. Che si è rimesso alla magistratura sia nell’eventuale revoca del 41bis a Cospito, con i pareri della Direzione nazionale antimafia e del procuratore generale di Torino arrivati ieri, sia nell’affaire Donzelli- Delmastro, appellandosi all’inchiesta aperta dalla procura di Roma dopo l’esposto del leader dei Verdi Angelo Bonelli. Ma il caso politico rimane, e l’unica che può rimettere insieme i cocci di un vaso ormai rotto, è solo Giorgia Meloni.