Verrebbe da dire che sì, il Pd è ancora un grande partito nonostante se stesso, le proprie contorsioni, i propri infingimenti. Ha un segretario persino a Bibbiano, ad esempio, che a dispetto della notorietà giudiziaria è pur sempre un comune di appena 10mila anime, manco quelle necessarie per aver diritto al ballottaggio quando si vota per il sindaco. Ecco, direte: dopo l’assoluzione di Claudio Foti, psicoterapeuta e imputato simbolo dell’inchiesta sulle presunte manipolazioni di minori da destinare agli affidi, almeno lui, Stefano Marazzi, segretario dem nella cittadina epicentro della storia, appunto, si abbandonerà a un epico “alla faccia vostra”. E invece sapete cosa dichiara il disciplinatissimo segretario? «Noi sin dall’inizio ci siamo dati delle indicazioni e intendiamo continuare in questo senso: ci viene naturale e non possiamo entrare nel merito degli aspetti giudiziari. Era un appello di Foti, il resto del filone processuale è ancora in corso». Va bene la prudenza, ma siamo al limite dell’autocastrazione.

Partiamo dal local per arrivare al global, cioè a Elly Schlein. Che certo è all’origine di tutto, perché le parole del povero Marazzi sono in realtà della segretaria. Sono le stesse pronunciate da Elly nel 2020 quando, in qualità di vicepresidente dell’Emilia- Romagna, annunciò che la Regione si sarebbe costituita parte civile nel processo Angeli e demoni. Adesso come potrebbe contraddirsi? Come può dire che si era sbagliata a iscriversi nel club degli scandalizzati, ad assecondare i carnefici che, a cominciare dai 5 Stelle di lì a poco alleati nazionali, accusavano il Pd di «orribile business sui minori» ? Ecco, la terribile, perfida nemesi della sinistra democratica italiana: trovarsi così storicamente schiacciata sul giustizialismo da non poter neppure riabilitare se stessa di fronte a un’assoluzione.

Direte: nella variegata congerie di distinzioni che da sempre affligge la sinistra, ci sarà comunque qualche voce, qualche settore minoritario, qualche oppositore interno o faccia tosta garantista pronta a dire «ora chi ci intimava “parlateci di Bibbiano” chieda scusa». No. Il deserto. Con una sola ammirevole eccezione: Piero Fassino. L’unico che abbia la forza di pronunciare poche, sacrosante parole: «Su Bibbiano le cose sono adesso chiare in modo inequivocabile: ci fu una vergognosa aggressione che, avvalendosi di una vicenda giudiziaria, infangò il Pd e i suoi amministratori. Di questa campagna calunniosa e indecente sul piano morale e politico, qualcuno chiederà scusa?». Una frase impressa su twitter, il più liquido dei social, ma che non ha generato la pur minima onda.

Poi ci sono gli ex naturalmente. Anzi, l’ex per eccellenza, Matteo Renzi, che ha schierato il suo Riformista sulla linea della rivincita, e ha pungolato la premier Giorgia Meloni, a propria volta tra i più spietati, all’epoca, nel cogliere dall’indagine Angeli e demoni i segni di una devianza politico- sistemica. Poi niente. Il silenzio. Neanche un po’ d’orgoglio, un piccolo moto di liberazione. Zero.

Ci sono sofferenze, nel percorso di un imputato, che è anche difficile descrivere. Il processo è di per sé una pena. Ne ha parlato, sul Dubbio di ieri, Claudio Foti, nell’ampia e ( quella sì) liberatoria intervista a Simona Musco. Potrebbe parlarne il sindaco di Bibbiano Andrea Carletti, pure lui tra gli imputati di “Angeli e demoni”, che dopo la revoca, ottenuta in Cassazione, della misura cautelare, tre anni fa disse: «Ho vissuto cinque mesi da orco, linciato dai barbari del web e della politica».

Il solo articolo che nelle ultime ore abbia rilevato la rinuncia all’autodifesa da parte del Nazareno è stato firmato da Laura Cesaretti sul Giornale. Non è un caso che a notare per primo il paradosso sia il quotidiano appartenuto fino a poco fa alla famiglia Berlusconi. La sinistra italiana ha definitivamente accantonato il garantismo nel momento in cui ha visto nell’opzione opposta, quella giustizial-moralista, un’arma per difendersi dalla corazzata mediatica del proprio avversario di allora, il Cavaliere appunto. Uno slittamento definitivo anticipato dallo scontro con Bettino Craxi nel pieno di Mani pulite e poi suggellato con l’avvio del bipolarismo post tangentopoli, della contrapposizione fra il centrodestra di Silvio e il centrosinistra del quale le forze poi confluite nel Pd erano principali azionisti. Lì ci si è persi. Si sono creati i presupposti per altre diserzioni, come sul povero Filippo Penati, morto dopo lunghi anni di tormenti giudiziari mai arrivati a condanna definitiva, o come la troppo tiepida solidarietà nei confronti di Vasco Errani, per non dire dell’opportunismo esibito di fronte ai 19 processi ad Antonio Bassolino, tutti conclusi con inesorabili assoluzioni. Troppe volte i Ds prima e il Pd poi si sono preventivamente schierati con l’accusa, e contro se stessi. Hanno ceduto al moralismo preventivo. Hanno sacrificato la presunzione d’innocenza in nome di una nevrosi generata dalla guerra a Berlusconi. Chissà se un giorno verrà la Liberazione anche da questa dittatura.