IL PD CONTRO IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO “ACCENTRATORE”

Chi si aspettava che il sospirato incontro fra Conte e Renzi chiarisse anche solo un po' la situazione è rimasto deluso. Il capo di Iv tutto voleva tranne che si facesse un po' di luce e ha provveduto a evitarlo. Ha presentato a Conte la sua lettera, con molte proposte ma altrettanti attacchi anche personali: una missiva del resto già fatta pervenire due giorni prima e nel frattempo diffusa pubblicamente.

Il premier avrebbe almeno voluto cominciare a parlarne, per poi annunciare che almeno un piccolo passo avanti era stato fatto. Il capo di Iv è stato di parere opposto: “Pensaci e fammi sapere”. In che tempi? “Non lunghi”, ha risposto sibillina la capodelegazione Bellanova. Avendo Renzi assicurato anche al premier che Iv voterà legge di bilancio e del ristori, arrivando così al 29 dicembre, quel termine si può approssimativamente fissare nel 10 gennaio. Renzi è stato ben attento a non impiccarsi a una richiesta specifica, non solo sul piano del rimpasto, che anzi ha sostenuto non interessargli affatto, ma neppure su quello dei contenuti. Ha ripetuto a Conte che ci sono problemi di metodo, la mancanza di collegialità, e di merito, la debolezza programmatica del governo, e ha chiesto una risposta complessiva. Può voler dire tutto. Equivale al tenersi le mani completamente libere. Segnalare l'intenzione di tenere Conte in sospeso e sulla corda, senza un barlume sulla base del quale impostare una strategia e una trattativa chiara, sarebbe giusto ma anche riduttivo. La guerra di nervi è reale ma non esaurisce la strategia del leader di Iv. In questo momento il primo obiettivo di Renzi è riaprire una partita che il premier, grazie all'appoggio del Colle, sperava di aver già chiuso nel primo giro di incontri della sedicente “verifica”. Quegli incontri non dovevano verificare niente se non il passo indietro e il ritorno all'ovile di Zingaretti e Di Maio, che sino a quel momento avevano discretamente appoggiato Renzi con l'obiettivo di usarlo non per sostituire Conte ma per limitarne ruolo e poteri. Una volta sottratto al leader di Iv quel tacito appoggio, potendo mettere sul piatto della bilancia la minaccia di elezioni in caso di crisi di governo, opzione resa quasi certa dall'indisponibilità dei partiti della maggioranza a sostenere altri premier o ad accettare altre maggioranza oltre che dalla disposizione d'animo del presidente della Repubblica, il premier mirava a circondare Renzi costringendolo alla resa. Certo addolcita da qualche concessione in termini di posti e poltrone.

Con uno sgarbo diplomatico che ne denuncia l'inesperienza, Conte si era spinto sino a dichiarare di fatto chiusa la verifica, con una lunga intervista alla Stampa, ancora prima di incontrare Iv e LeU. Importava solo il sostegno del Pd e dei 5S, essendo quello di LeU già certo. Perché sprecare altro tempo? Renzi si è divincolato facilmente. Prima facendo saltare l'incontro nel quale Conte si apprestava a dettare le proprie condizioni, poi mettendo sul tavolo la minaccia esplicita di crisi, ora ponendo un ultimatum dai contenuti volutamente vaghi.

Renzi sa perfettamente che il Pd soprattutto, ma anche Di Maio, non sono affatto pacificati. Non vogliono o non possono chiedere la testa di Conte, ma non sono affatto disposti a lasciargli tutte le leve del comando in mano. Criticano la politica del rinvio permanente tanto quanto il capo di Iv. Ritengono che il premier da un lato accentri troppo, dall'altro latiti nella risoluzione dei problemi. Renzi sa anche che il Pd in particolare ha accolto malissimo la reazione del premier all'avvio di verifica, avendo colto al volo l'intenzione di sparecchiare il tavolo ancora prima di averlo allestito. Conte è pronto non a un rimpasto come a quello cui mira, pur negan- dolo, il Pd, cioè a una ristrutturazione reale del governo ma solo a qualche lieve ritocco.

L'attacco del vicesegretario Orlando, che se l'è presa con Renzi e con chi “mette veti” ma anche con chi invece di affrontare la situazione punta solo sul rinvio, cioè con Conte, illustra perfettamente il quadro reale della situazione. Le proposte di Iv, molte delle quali condivise dal Pd, e l'enfasi sul Mes mirano proprio a riaprire la partita della verifica, anzi ad aprirla sul serio. Per arrivare dove probabilmente al momento non lo sa neppure Renzi. Ma certo sa benissimo dove vorrebbe arrivare se appena gli sarà possibile, anche a costo di rischiare parecchio: a sfrattare l'inquilino Giuseppe Conte.