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GIORGIA MELONI PRESIDENTE DEL CONSIGLIO
«Tutto questo è gratuito, pericoloso, irresponsabile. Non c'è bisogno di rischiare la propria incolumità di infilarsi in un teatro di guerra per consegnare aiuti a Gaza che il governo italiano avrebbe potuto consegnare in poche ore. Richiamo tutti alla responsabilità, particolarmente per quanto riguarda parlamentari italiani. Io non sono stupida: quello che accade in Italia non ha come obiettivo alleviare la sofferenza della popolazione di Gaza, ma attaccare il governo italiano».
Dalle parole della premier di intuisce che stavolta l'incidente è serio e suscita un comprensibile allarme per il rischio che se ne producano di altri anche più gravi nei prossimi giorni. Il guaio, per Giorgia Meloni, è di portata gigantesca anche perché è probabile che, come scrive nella sua immediata nota di protesta Elly Schlein, si sia davvero trattato di «un deliberato attacco al nostro Paese del governo israeliano. La presidente Meloni non può tacere. Dica cosa intende fare per garantire la sicurezza di questi italiani».
Conte ha rincarato. Le opposizioni, a Montecitorio, hanno reagito subito occupando i banchi del governo. Il ministro Crosetto riferirà domani sia alla Camera che al Senato: «E' stata colpita anche una barca battente bandiera italiana col nostro senatore Marco Croatti. Meloni e Tajani difendano con azioni ferme e risolute la sicurezza di queste persone». Gli organizzatori della partecipazione italiana alla flottiglia hanno improvvisato un sit-in di fronte a Montecitorio, la Cgil ha aderito al presidio, si dichiara «pronta allo sciopero generale». La Ue si schiera: «Condividiamo l'impegno umanitario della flottiglia. Nessun uso della forza è accettabile».
Nel giro di poche ore la tensione è arrivata alle stelle. Tajani, chiamato giustamente in causa dai leader dell'opposizione, si è attaccato al telefono già nella notte, ha chiesto al governo israeliano, passando per l'ambasciata a Tel Aviv, di assicurare la sicurezza degli italiani ma nella giornata i contatti tra il ministro degli Esteri e il governo israeliano sono stati certamente anche diretti. Il ministro della Difesa ha fatto sapere di avere inviato nell’area un fregata per eventuali operazioni di assistenza e soccorso alla flottiglia. Ma di contatti, diretti e indiretti, ce n'erano già stati.
Tajani aveva chiesto a più riprese di garantire la sicurezza degli italiani e in particolare il rispetto dei quattro parlamentari imbarcati. Aveva ottenuto rassicurazioni in realtà solo parziali per quanto riguarda il previsto dirottamento delle barche una volta arrivate al largo di Gaza. Nulla però lasciava presagire una provocazione decisa e freddo e mirata come quella di ieri notte. Ed è evidente l'intenzione di portare la sfida al massimo grado di tensione, perché è inconcepibile che Israele non sapesse di aver preso di mira proprio una barca sulla quale si trovavano uno o più parlamentari italiani.
È difficile non ipotizzare un nesso diretto tra l'attacco e la svolta a metà dell'Italia sul riconoscimento dello stato palestinese. Pressata da un'opinione pubblica indignata per i massacri e favorevole al riconoscimento dello Stato di Israele, certamente spinta in quella direzione anche dal Vaticano, la premier italiana se la è cavata con un'acrobazia diplomatica. Disposta al riconoscimento, come il governo italiano non era mai stato sinora, ma con due condizioni, peraltro presenti già nella proposta di Francia e Arabia Saudita però con minor enfasi: l'uscita di Hamas da Gaza e la liberazione degli ostaggi. Una via d'uscita per poter rispondere alle critiche delle opposizioni affermando che a impedire la soluzione della crisi e anche il riconoscimento italiano della Palestina è Hamas.
La svolta, sia pur astuta e prudentissima, però c'è parzialmente stata ed è possibile che proprio questo abbia voluto "sanzionare" Israele. L'opposizione aveva già bocciato la proposta italiana bollandola come di fatto truffaldina ma, senza l'attacco alla flottiglia, Giorgia avrebbe avuto gioco facile nel replicare a quell'accusa. Ora per lei e per il governo tutto diventa molto più difficile. Soprattutto perché l'attacco non è avvenuto con le navi in prossimità di Gaza: in quel caso il governo era già pronto a intervenire su Israele reclamando moderazione da un lato ma anche, dall'altro, ad addossare alla flottiglia la responsabilità, anzi l'irresponsabilità, di essersi addentrata in una zona di guerra senza peraltro alcuna utilità concreta. L'attacco in mare aperto non può invece essere giustificato in alcun modo con il "teatro" di guerra.
L'intenzione di intimidire la flottiglia e forse anche lo stesso governo italiano è esplicita e rende impossibile per Meloni, Crosetto e Tajani far finta di niente. Ma il governo non può neppure assumere in pieno la difesa di una missione che ha sempre sconsigliato e che ha duramente criticato. Il fattaccio avrà evidenti ricadute anche sulla vicenda delle sanzioni contro Israele proposte dalla Commissione europea e sulle quali il governo non si è ancora pronunciato anche se tutto lascia pensare che intenda bocciarle, come del resto anche la Germania.
Ora però rischia di trovarsi tra due fuochi: quello dell'opposizione, che per una volta incarna i sentimenti della maggioranza del popolo italiano e che reclamano il sì alle sanzioni e quello non solo di Trump, contrarissimo, ma anche di una Israele che ieri ha confermato di non avere alcuna remora diplomatica e che potrebbe optare per il pugno duro quando le navi saranno di fronte a Gaza.