«Se saranno necessari chiarimenti sarò io la prima a chiederli» : la prima cosa che fa nella giornata Giorgia Meloni è cercare di mettere riparo alla falla nella campagna elettorale e nella compattezza della maggioranza.

Poi ha ritenuto più opportuno non mettere ulteriore tempo in mezzo. Incontra nel pomeriggio Leo e la decisione, come del resto prevedibile, è la sospensione del decreto «in attesa di ulteriori approfondimenti». È lei stessa a comunicare con in video la lieta novella ai partner imbufaliti, ma anche agli elettori smarriti perché se c'è una parola che per loro è impronunciabile è proprio “redditometro”.

Nel video la presidente fa il possibile per rassicurare la sua gente non solo sulla sorte del «diabolico strumento» a breve ma anche sulla impostazione di fondo del suo governo: «Nessun grande fratello sarà mai introdotto da FdI, dal centrodestra, da questo governo. Siamo sempre stati contrari a strumenti invasivi come il redditometro». Allora come che lo strumento invasivo per eccellenza è spuntato fuori senza neppure avvertire preventivamente gli alleati, che l'hanno presa peggio di come non si può, e la stessa presidente? La versione di Giorgia Meloni è trascinata per i capelli: «Abbiamo ereditato una situazione molto pericolosa nella quale non c'è alcun limite al potere discrezionale dell'amministrazione finanziaria di contestare incongruenze tra il tenore di vita e il reddito dichiarato». Insomma, a guardare bene si trattava di un “antiredditometro”.

La credibilità della tesi si commenta da sé. Prima dell'inevitabile passo indietro Leo aveva provato a difendere il suo strumento. Si preparava a dettagliare domani, in Cdm, quanto già anticipato nel comunicato ' riparatore' diramato subito dopo l'insurrezione di Fi e Lega. Intendeva insomma assicurare che nelle sue capaci mani quello strumento non somiglierà affatto a quello introdotto da Renzi (che però nega e addita addirittura il campione della lotta contro le tasse, Berlusconi Silvio) ed eliminato nel 2018. I parametri in base ai quali verificare chi dispone di entrate sospette e chi no, saranno «molto meno induttivi» e anche «molto meno ampi».

Ma rischiava di diventare una pezza peggiore del buco. Perché dire che i parametri saranno meno rigidi significa ammettere che i parametri ci sono e questo né la Lega né Fi erano disposti ad accettarlo. Meno che mai in piena campagna elettorale. Le rassicurazioni non li hanno infatti rassicurati

né punto né poco. «Al prossimo Cdm presenterò la proposta di abrogarlo. Lo Stato fa il Grande Fratello? No grazie», va giù secco Salvini mentre in aula i suoi colonnelli presentano un odg chiedendo che sia «confermato il superamento del redditometro». Tajani è anche più fiammeggiante: «È uno strumento superato e che non è nel dna di questo governo. Fi farà di tutto per abolirlo».

L'intera compagine azzurra gli fa eco: «Va abrogato e al Senato abbiamo già pronto un emendamento in tal senso», anticipa Gasparri. «È inammissibile che le scelte di spesa individuali diventino oggetto di monitoraggio dal parte dello Stato. Non è questa la lezione di Silvio Berlusconi», rincara la vicesegretaria Bergamini e almeno quanto alle visione del Cavaliere come darle torto? Va da sé che l'opposizione ci va a nozze e spara a zero, da Renzi ai 5S. Il Pd un po' meno, perché schierarsi contro una misura di contrasto all'evasione non è cosa facile per il Nazareno.

Sembrava insomma ripetersi il braccio di ferro ingaggiato e perso da Fi sul Superbonus, ma era solo apparenza. In questo caso la situazione era molto diversa: perché Fi non era isolata come pochi giorni sul bonus e perché il redditometro fa in effetti a cazzotti con tutta la retorica della destra sul fisco amico. Ma anche perché la campagna elettorale incombe.

Già, la campagna elettorale. Il vero mistero è come il viceministro non si sia reso conto del clamoroso errore sul terreno della propaganda. Prima della retromarcia aveva sostenuto che il ripristino dello strumento innominabile fosse necessario anche perché altrimenti si sarebbe prefigurato il rischio di danno erariale.

Ma cosa sarebbe cambiato per l'eventuale danno erariale se il poco lieto evento fosse stato annunciato il 10 giugno? Forse la spiegazione è meno ingenua. Il concordato fiscale sta per scadere e non va male ma malissimo. Il redditometro risorto avrebbe potuto spingere gli evasori a fare il passo necessario per mettere almeno un cerotto sui conti dello Stato. Nella maggioranza sono in molti, a mezza bocca, a spiegarsi così l'inspiegabile passo falso.