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IL GOVERNO È PRONTO A FARE COMPROMESSI MA NON AMMETTERÀ NUOVI RINVII
Per il premier è vitale presentarsi a Bruxelles con una tabella di marcia impeccabile sul fronte delle riforme. Le eisgenze elettorali dei partiti non avranno spazio
Lo scoglio delle concessioni balneari, questione di limitata importanza che ha fatto ballare governo e maggioranza per giorni, è risolta o quasi. L'iceberg ben più minaccioso della riforma del catasto si sbloccherà probabilmente a propria volta. Ma per risolvere il rebus degli ombrelloni è stato necessario u intervento del premier di portata inaudita. Draghi non solo ha dovuto drammatizzare convocando a sorpresa un Cdm straordinario la settimana scorsa. Ha anche scritto alla presidente del Senato Casellati di fatto dettando in modo molto perentorio l'agenda al Parlamento. È un cambio di passo anche rispetto alle fasi più decisioniste del governo Draghi ed è anche un segnale d'allarme difficilmente equivocabile. Il premier ha reagito con tanta drasticità soprattutto per una questione di tempistica. Il comunicato con il quale, giovedì scorso, i capigruppo al Senato di Lega e Fi chiedevano una «ulteriore riflessione» sulle concessioni balneari mascherava appena l'intenzione di non chiudere la partita del ddl Concorrenza, con al proprio interno il passaggio sui balneari, prima delle prossime Amministrative. Draghi ha deciso di passare alle maniere forti proprio per bloccare subito la tendenza a rinviare le scelte più controverse per la maggioranza a seconda delle scadenze elettorali. Chi lo ha incontrato negli ultimi giorni si è sentito spiegare senza perifrasi che la disponibilità del governo a mediare e correggere c'è. Quella a permettere dilazioni invece no. La tabella di marcia va rispettata rigorosamente e siccome sin qui non lo è sempre stata la marcia va accelerata, certo non rallentata.
L'irrigidimento di Draghi si spiega alla luce delle ' raccomandazioni' della Commissione europea di due giorni fa. I commissari Dombrovskis e Gentiloni hanno fatto capire più chiaramente di come non si sarebbe potuto che la proroga della sospensione delle regole del Patto di Stabilità per tutto il 2023 non va intesa come una ripetizione del 2020, stavolta in nome della guerra invece che del Covid. Le regole di Maastricht restano sì sospese per la nuova emergenza, di procedure d'infrazione non si parlerà ancora per oltre un anno e mezzo. Ma se nel 2020 il congelamento di Maastricht equivaleva a una licenza di spendere e fare debito quasi a volontà, stavolta le cose sono molto diverse. Agli Stati, in particolare a quelli con alto debito e dunque all'Italia più che a chiunque altro, si chiede, anzi s'impone di controllare la spesa e mantenere drittissima la barra in direzione del rientro dal debito e dal deficit. Lo strumento di controllo di Bruxelles saranno proprio le verifiche sull'avanzamento del Pnrr, delle opere, dei progetti e delle riforme collegate al Piano.
Non è una buona notizia. Il Piano segna il passo su tutti i fronti. Le opere sono indietro, i Comuni arrancano. Lo stato dei conti, dopo lo sprint dell'anno scorso è penalizzato dalle due crisi impreviste, quella energetica e quella a più ampio raggio dovuta alla guerra, che impatta direttamente sulle opere del Pnrr attraverso l'impennata dei prezzi delle materie prime. Le riforme hanno nelle ali il piombo delle divisioni della maggioranza al quale si aggiunge ora quello delle preoccupazioni elettorali dei partiti stessi. In un quadro simile il rischio che a fine anno il verdetto della Ue sull'attuazione del Pnrr da parte dell'Italia sia negativo è reale nonostante la presenza di Draghi come garante. Anche perché i Paesi rigoristi, che erano rimasti in sordina negli anni della crisi Covid, sono ora di nuovo all'offensiva e la stessa Germania si sta di nuovo spostando su quella linea.
Per l'Italia, e di conseguenza per Draghi, è dunque vitale presentarsi a Bruxelles, prima di quando dovrà essere erogata la seconda tranche del Next Generation Eu in giugno e poi a dicembre per la terza, con una tabella di marcia tanto impeccabile e virtuosa sul fronte delle riforme e della progettazione da compensare ( auspicabilmente) gli eventuali ritardi su quello dell'implementazione. A fronte di questa esigenza le esigenze elettorali dei partiti, in particolare di una Lega in palese e crescente difficoltà, per Draghi non possono avere alcuno spazio. Mediare si può e il governo è pronto a farlo. Rallentare, rinviare, dilazionare sarà invece d'ora in poi proibito.