«Nessun dorma». Difficilmente il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ospite al vertice Cotec di Coimbra, in Portogallo, avrebbe potuto essere più chiaro e incisivo, riferendosi al momento delicato che sta attraversando l'Unione europea, stretta tra la minaccia inedita di una guerra commerciale da Ovest e quella invece ben conosciuta dei sovranismi continentali. Di fronte a un quadro così incerto, il Capo dello Stato – recentemente messo nel mirino da Mosca e velatamente minacciato dalla portavoce del ministero degli Esteri Maria Zakharova, che aveva parlato di «parole non prive di conseguenza» dopo le critiche mosse dal Quirinale all'aggressione russa in Ucraina - ha ritenuto opportuno suonare la sveglia su tutti i dossier attualmente in ballo (e in stallo) a Bruxelles, mostrando anche discrete doti di improvvisazione retorica.

Poco prima che prendesse la parola il presidente, infatti, nella sala erano risuonate le note della celebre aria della Turandot di Puccini, e da questo intermezzo Mattarella ha mosso per rendere più efficace il proprio appello. «La romanza», ha detto, «che abbiamo ascoltato poc'anzi, 'Nessun dorma' potrebbe applicarsi alla nostra Unione». «Un’Europa rinnovata», ha proseguito, «più competitiva, più resiliente, più presente nello scacchiere internazionale.

È una sfida epocale per il nostro continente, tanto più urgente se raffrontata a recenti evoluzioni negli equilibri mondiali. Il nostro simposio», ha detto ancora, «ha quindi il merito di lanciare ' un appello all’azione' di grande attualità: è infatti urgente, direi prioritario, che l’Europa agisca, perché stare fermi non è più un’opzione». «È una sfida impegnativa», ha sottolineato il Capo dello Stato, «eppure, senza sottovalutare la gravità della situazione, abbiamo il dovere – oltre che molte buone ragioni – di restare ottimisti. L’Unione si erge su solide fondamenta: un’economia di mercato aperta alla concorrenza e agli scambi internazionali; un sistema di banche centrali indipendente; un quadro giuridico stabile e affidabile; una concezione di Stato di diritto saldamente ancorata a una convinta tradizione democratica; politiche di redistribuzione attive ispirate al principio di solidarietà. Occorre essere orgogliosi di questa ' eccezionalità europea' e progredire su tali presupposti». Parole importanti, che hanno fatto da preludio alla parte più incisiva dell'intervento, quella cioè in cui Mattarella ha additato i temi su cui occorre uno scatto di reni da parte di Bruxelles.

In cima, la difesa comune, dossier inscindibile dal Libro Bianco presentato da Ursula con der Leyen, nel quale è contenuto anche il piano ReArm Europe su cui molti governi nazionali (quello italiano incluso) sta esitando. «Occorre mettere in campo», ha detto Mattarella, «misure efficaci e allo stesso tempo ambiziose. Ne cito una, che nella sua attualità e urgenza ben esemplifica le conseguenze dell'inazione e delle ingiustificate ritrosie a procedere lungo il cammino dell'integrazione. La Difesa comune europea. Gli Stati membri ne discutono da oltre settant'anni.

Non è difficile immaginare quale sarebbe oggi la condizione dell'Unione, di fronte al mutato contesto geopolitico, se avessimo scelto a suo tempo di compiere quel salto di qualità politico nel processo di integrazione».

E per non lasciare adito a interpretazioni ambigue, il presidente è entrato ancor più nel merito, facendo riferimento alle «iniziative avviate in materia dalla Commissione europea», che «sono un primo fondamentale passo e testimoniano piena consapevolezza della posta in gioco. Rappresentano anche una dimostrazione di concretezza, volendo porre a fattor comune strumenti e vantaggi di scala propri di un ordinamento sovranazionale che già in passato ha dimostrato capacità di adattamento a diversi shock esogeni».

Prima di Mattarella, sullo stesso palco era salito l'ex- premier e numero uno della Bce Mario Draghi, che ha posto l'accento sui dazi annunciati ( e poi congelati) dal presidente americano Donald Trump, definiti «un punto di rottura» : «Il vasto ricorso ad azioni unilaterali», ha detto Draghi, «per risolvere controversie commerciali, insieme alla definitiva delegittimazione del Wto, hanno minato l'ordine multilaterale in un modo difficilmente reversibile».