IL MOVIMENTO NON SI SPACCA MA GLI INTERVENTI DEI DIDDIDENTI IMBARAZZANO I VERTICI PENTASTELLATI

Il Mes passa ma i dissidenti restano. Il giorno dopo il voto in Parlamento sulla riforma del Meccanismo europeo di stabilità, nel Movimento 5 Stelle si apre un confronto durissimo. Come comportarsi con chi in Aula ha messo in pericolo la maggioranza con un voto contrario, nei fatti, a Giuseppe Conte?. Certo, la valanga di no, paventata alla vigilia non c’è stata: sono solo 13 i contrari alla Camera ( più 10 che non partecipano al voto) e due al Senato. Ma Vito Crimi non può accettare che gli interventi dei suoi colleghi ribelli - tutti indirizzati al «tradimento» dei vertici pentastellati - abbiano riscosso applausi a cielo aperto dai banchi di Fratelli d’Italia.

«Se li metteremo sulla graticola? Si sono auto- graticolati oggi...», ironizza il capo politico reggente, parlando degli “eretici”, prima di aggiungere: «Noi siamo un gruppo politico, non siamo un’azienda. Il gruppo parlamentare è una associazione in cui si è solidali rispetto ad alcune battaglie, principi, valori», spiega Crimi. «Nel codice etico c’è scritto che si lavora in coordinamento con i propri colleghi, si rispetta il principio democratico della maggioranza». Tradotto: chi ha votato contro la riforma del Mes ha violato le regole. Quasi certamente i dissidenti verranno spediti al collegio dei probi viri per essere giudicati. E poco importa che siano tutti seguaci di Alessandro Di Battista ( negli utlimi giorni in realtà impegnato in un paziente lavoro di convincimento per evitare sgambetti al premier) stavolta lo strappo potrebbe essere inevitabile. Anche perché tra gli irriducibili figurano esponenti già “attenzionati” dal tribunalino pentastellato. Come il deputato Andrea Colletti, finito sotto la lente d’ingrandimento per la sua campagnareferendaria contro il taglio dei parlamentari, che ieri è riusciato a votare in maniera difforme dal Gruppo per ben due volte nel giro di pochi minuti: sul Mes e sulla modifica dei decreti sicurezza salviniani. Un po’ troppo per un membro della maggioranza.

Il regolamento dei conti, comunque, andrà in scena anche al Senato, dove gli irriducibili alla Mattia Crucioli hanno fatto andare su tutte le furie i vertici grillini. «Resti agli atti che ho votato fino all’ultimo e con tutte le mie forze contro questa risoluzione», dice in Aula il senatore , annun- ciando il proprio voto contrario. Il Mes, per l’esponente grillino, «incarna il primato della finanza sull’uomo» e il «randello contro gli Stati che restano indietro.

Oggi in quest’Aula avremmo dovuto dare mandato» al premier per chiedere «una profonda riforma o per ingabbiare il mostro, invece lo stiamo mandando a rinnovare la revisione del Mes con l’adesione dell’Italia», tuona Crucioli, come fosse un esponente dell’opposizione. «Se si vuole davvero riconsiderare davvero la struttura del Mes non si deve dare adesione a una riforma che ne rafforza l’impianto. In conclusione, temo che il Parlamento stia armando la mano che domani potrebbe colpirci». Quello di Crucioli è praticamente un atto d’accusa nei confronti del proprio partito e dell’intera maggioranza di cui fa parte. Come quello di Bianca Laura Granato, che si rifiuta di sostenee la «delega alla sottoscrizione del nuovo trattato del Mes per poi dover eventualmente negare la ratifica.». Tuttavia, l’emorragia di voti contrari a Palazzo Madama non c’è stata: ha prevalso la “linea Lezzi” - incendiari di giorno e pompieri di notte che ha evitato una vera e propria scissione.

Ma i dissidenti non temono le conseguenze del loro atteggiamento, anzi, rivendiacno la loro coerenza col programma sottoposto dal Movimento agli elettori. Così come hanno fatto, fino alla fine, i quattro eurodeputati ( vicini a Di Battista) usciti dal gruppo grillino a Bruxelles. Peccato che, come fa notare il M5S, per difendere la loro coerenza anti sistema abbiano scelto di accasarsi tra lefile dei Verdi, uno dei Gruppi più filo Mes presenti su piazza. Coerenti sì, ma senza esagerare.