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Al Louvre c’è un quadro dipinto dal pittore olandese Hieronymus Bosch nel 1494 e intitolato La nave dei folli. Raffigura un equipaggio inquietante negli atteggiamenti, su una imbarcazione priva di qualsiasi strumento di navigazione e, soprattutto, orfana di un capitano.La nave dei folliè anche il titolo di un film del 1965 del regista americano Stanley Kramer. La vicenda si svolge nel 1933. Anche in questo caso c’è un gruppo di passeggeri che tra il comico e il grottesco viaggiano concentrati sugli affanni della loro condizione umana, disattenti per non dire volutamente ignari della tragedia che di lì a poco si scatenerà. E’ possibile che sia il dipinto che il film provochino un’assonanza, mentale ed emotiva, con la faticosissima e allo stato ancora indefinita, gestazione del governo M5SLega. Comandante ( o premier che dir si voglia) mancante, compreso.Beninteso l’assonanza non riguarda la follia - chè allora potrebbe apparire offensiva - la quale rappresenta una condizione non obbligatoriamente negativa o impe- dente. E’, infatti, esperienza comune che ogni genio contenga in sè un pizzico di follia; e peraltro non infrequentemente capita che a pensieri o gesti folli - nel senso di fuori dal comune o incongrui rispetto alle condizioni date - sia necessario ricorrere per individuare soluzioni che altrimenti risulterebbero precluse.Ne consegue che la follia è bifronte: in certi casi aiuta; in altri blocca. La trattativa Di Maio- Salvini sta pericolosamente pencolando verso il fronte impedente. Non solo per la figura del premier che per come si sono messe le cose neppure Diogene e la sua lanterna riuscirebbero a scovare, quanto soprattutto per il contratto di governo. Che è stato scritto e riscritto a seconda delle esigenze ( e dei social?), ma che comunque è illuminante spia di quale Italia possa scaturire dalla commistione tra gli impulsi pauperistici di decrescita felice dei Cinquestelle, tuttavia pronti a rovesciare qualsivoglia impostazione pur di arrivare a palazzo Chigi per consegnarlo alle cure algoritmiche della Casaleggio associati e della piattaforma Rousseau; e le spinte neo- capitaliste e sicuramente orientate all’accumulazione della media, piccola e piccolissima imprenditoria che vota Lega.E’ un’Italia che emerge per giustapposizione e non per sintesi. Difatto, il Contratto risulta un copia& incolla delle promesse fatte dai due partiti in campagna elettorale:laddove si determinano conflitti, sfuma e si assottiglia fin quasi a diventare carta velina. Facilmente stracciabile.Ma che c’entra la follia con tutto questo? C’entra perchè il Contratto di governo stabilisce una cesura netta con la realtà. Non il folgorante lampo risolutivo: piuttosto un miscuglio schizofrenico proiettato nell’iperuranio del vaneggiamento.Troppo difficile da capire? Allora guardiamo i numeri. Per esempio quelli a cui fa riferimento Carlo Cottarelli, a suo tempo assunto da Matteo Renzi per tagliare la spesa pubblica improduttiva e repentinamente licenziato neanche fosse un precario da job act; e per un brevissimo lasso di tempo finito anche nell’elenco dei possibili ministri del governo M5S- Lega che verrà. Basandosi sulle analisi dell’Osservatorio sui conti pubblici, Cottarelli stima tra i 108,7 e i 125,7 miliardi di euro l’esborso necessario per attuare tutte le misure preventivate dal binomio sovranista- populista, a fronte di una copertura pari ad appena 550 milioni di euro. Una forbice così ampia da produrre un capitombolo sicuro verso il default del sistema-Paese. Naturalmente i diretti interessati si difendono. Di Maio dice che chi critica «fa i conti della serva» perchè i soldi ci sono: sarebbe interessante spiegasse nel dettaglio dove stanno. L’economista del Carroccio, Claudio Borghi, è più tranchant: «I mercati - taglia corto - non capiscono l’economia». Mentre Alessandro Di Battista è il più sagace e competente di tutti: invece di dar retta a bancheri e finanzieri, meglio affidarsi a quel che dice al gente al bar.Insomma la nave dei folli non sta nell’azione fattuale quanto nella mente e nei pensieri di chi, letteralmente a tutti costi, la allestisce. Nel quadro di Bosch, non c’è porto d’arrivo: salpato dalla Terra Promessa l’equipaggio viaggia verso quella della Cuccagna senza mai giungervi. Nel film di Kramer, il piroscafo arriva a destinazione e subito dopo i passeggeri si disperdono. Due epiloghi opposti. Nessuno dei quali, follia o meno,auspicabile.