Una somma di mille euro al mese, fino al compimento del quinto anno del bambino, come «reddito di maternità»: è quanto prevede un disegno di legge del capogruppo di Forza Italia al Senato Maurizio Gasparri, con l’obiettivo di sostenere le donne che ricorrono all’aborto per ragioni di carattere economico.

«Al fine di ridurre le richieste di interruzione della gravidanza motivate dall’incidenza delle condizioni economiche», si legge nel ddl in due articoli, visionato da LaPresse, è istituito il «"reddito di maternità” che costituisce un beneficio economico, su base mensile, concesso su richiesta alle donne cittadine italiane residenti che si rivolgono ad un consultorio pubblico o ad una struttura socio sanitaria a ciò abilitata dalla Regione, o a un medico di sua fiducia».

Il reddito «spetta nella misura di 1.000 euro mensili per dodici mensilità, a condizione che il valore dell’ISEE del nucleo familiare di appartenenza della richiedente non sia superiore a 15.000 euro, fino al compimento del 5° anno di età del bambino». Inoltre, «per ciascun figlio successivo al secondo è prevista una maggiorazione di importo pari a 50 euro mensili, fino al compimento del 5° anno di età. Per ciascun figlio con disabilità spetta una maggiorazione pari a 100 euro mensili, fino al compimento del 18° anno di età». Per dare attuazione al beneficio economico, il ddl istituisce presso il Mef un fondo denominato Fondo per il reddito di maternità con una dotazione di 600 milioni di euro annui a decorrere dal 2024.

«Ferma restando la libertà di interrompere la gravidanza, lo Stato può offrire un’alternativa. Ci sono degli articoli della legge 194 che molti si sono dimenticati», dice Gasparri spiegando la proposta che verrà presentata mercoledì in una conferenza stampa. «Io dico che se si proponesse a chi prende la decisione» di interrompere la gravidanza «solo per ragioni economiche, perché non sa come affrontare la vita quotidiana, il reddito di maternità può offrire uno sostegno» e «può essere che una donna su mille dica "se lo Stato mi aiuta ce la posso fare”».

La legge 194 sull’aborto all’articolo 5 - si legge nella relazione che accompagna il disegno di legge - dispone «che il consultorio e la struttura socio-sanitaria, oltre a dover garantire i necessari accertamenti medici, hanno il compito, quando la richiesta di interruzione della gravidanza sia motivata dalle condizioni economiche o sociali, di esaminare con la donna le possibili soluzioni dei problemi, di aiutarla a rimuovere le cause che la porterebbero all’interruzione della gravidanza». Quindi, è la ratio della proposta «migliorare la condizione economica delle donne è quindi un obiettivo sociale e politico indispensabile per ridurre effettivamente gli aborti».

La normativa vigente prevede già una serie di misure, anche economiche, a sostegno della maternità e della paternità, i congedi, l’assegno di maternità di base e l’assegno di maternità per lavori atipici e discontinui, poi a partire dal 2022 l’assegno unico e universale, e più di recente i bonus asili nido e il bonus mamme. «Tali misure, tuttavia, - secondo Gasparri - non sono sufficienti ad arginare il ricorso all’interruzione volontaria della gravidanza per motivi di disagio economico e sociale. Occorre quindi mobilitare risorse e individuare soluzioni di sostegno alle donne incinte per scoraggiare l’aborto legato a cause di disagio economico e sociale».