Renato Schifani e la Forza Italia siciliana agitano il percorso di avvicinamento al congresso. E seppure il governatore smentisce ufficialmente la possibilità di una sua candidatura alla guida degli azzurri, i movimenti sotterranei provenienti dall’isola sono sufficienti a fare immaginare che proprio Schifani potrebbe essere la spina nel fianco di Antonio Tajani verso quella che, almeno fin qui, sembrava e sembra un’incoronazione scontata.

Schifani negli scorsi giorni, richiamandosi ai valori del Ppe, ha chiamato a raccolta tutte le forze e i cespugli di centro anche in vista delle prossime elezioni europee che determineranno lo stato di salute degli azzurri e la concreta possibilità di superare la difficile fase del dopo Berlusconi. Un appello che ha trovato risposte entusiaste da parte dei rappresentanti centristi siciliani e non, tanto da fare pensare alla possibilità di una discesa in campo, da futuro leader, del presidente della Regione siciliana. I rumors sono cresciuti di giorno in giorno e hanno dato non poco fastidio a Roma nel cerchio magico del ministro degli Esteri. Da qui la smentita ufficiale da parte dello stesso Schifani con un’intervista al Giornale.

«L’ho già detto ma lo ripeto volentieri: voterò Antonio Tajani. Io non sono candidato - ha detto Renato Schifani che però si è soffermato sul futuro di Forza Italia e sulla rotta da tenere durante i prossimi mesi - La nostra prima necessità è di guidare la transizione da partito leaderistico a partito pluralistico. Fermo restando, però, che il simbolo di Forza Italia e il nome di Berlusconi per noi sono irrinunciabili. C’è però una vasta area popolata da persone che fanno riferimento diretto al Partito popolare europeo. Ed è lì in quell’area che dobbiamo cercare nuove aggregazioni».

Schifani, insomma, pur smentendo ogni possibile dualismo con le posizioni ugualmente moderate di Tajani, ha però indicato una via leggermente alternativa che porta all’apertura di Fi verso altre forze centriste richiamandosi alle idee di Silvio Berlusconi per dare corpo e sostanza a una sorta di Partito repubblicano all’italiana. «Fino a pochi giorni prima della sua scomparsa - le parole di Schifani - Berlusconi parlava con entusiasmo dell’aggregazione di altri soggetti dell’area liberale e moderata per un nuovo e più ampio movimento. Io preferisco muovermi secondo quello che è sempre stato il desiderio di Berlusconi: aggregare e mai dividere. Lo stesso Berlusconi anteponeva la creazione di un’area liberale, riformista e moderata agli egoismi personali e soggettivi. Ora dobbiamo mettere in pratica quel progetto e quella visione di società rinnovandoci in una logica di perimetro».

E pur nel corso di quella che doveva essere una precisazione accomodante, il governatore della Sicilia si è spinto fino a immaginare i confini di una forza che, almeno per quel che si può intuire, potrebbe superare l’attuale struttura azzurra, comprendendo Noi Moderati, il movimento di Raffaele Lombardo e l’area che fa riferimento a Totò Cuffaro. «Non è una questione di singoli, ma di movimenti- ha specificato Schifani - Bisogna però cambiare passo. L’errore storico dell’area moderata e centrista, alternativa alla sinistra, è stata la sua parcellizzazione, con l’eccezione però di Forza Italia che ne ha costituito e costituisce il grande corpo principale».

E dunque, nella classica tradizione democristiana, la smentita serve a precisare i contorni di una pista precisa e a lanciare un amo subito accolto da drappelli di centristi che continuano a sognare una possibile lista unica, sotto il cappello del Ppe, in vista delle europee. Non a caso, subito dopo le dichiarazioni ufficiali di Schifani, è proprio l’attuale Democrazia Cristiana a plaudire per il tramite della vice presidente ed europarlamentare Francesca Donato.

Pur non candidandosi Schifani ha lanciato un tema molto forte per gli azzurri e per il futuro del partito e nelle sue aperture centriste, all’interno della famiglia del Ppe, ha anche stoppato Matteo Renzi escludendolo dal novero dei possibili protagonisti di un simile percorso.