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Premessa necessaria per commentare come si conviene il caso odierno, che vede il ministro dell’Interno Salvini imputato di sequestro di persona da Patronaggio, Procuratore capo di Agrigento.
Ed è questa: nessuna nazione europea è legittimata a criticare l’Italia per il suo operato o per le sue scelte in tema di migranti e di trattamento loro riservato.
Non la Francia, che a Ventimiglia li respinge o li bastona, lasciando che un gendarme impunemente possa addirittura tirare per i capelli una donna extracomunitaria incinta; non la Germania che anzi, per bocca della Merkel, riconosce che l’Italia è stata lasciata sola; non la Spagna che predica in un modo, ma razzola in altro.
Detto questo, bisogna riconoscere che, per Salvini, se Patronaggio non ci fosse, bisognerebbe inventarlo. Infatti, siamo in presenza di una situazione paradossale che forse può in parte servire a capire l’imbroglio, difficile da dipanare, in cui si dibatte l’Italia. Perché dico questo? Perché sembra a dir poco strano che Patronaggio, uomo di sinistra, facente parte di magistratura democratica, allievo di Caselli, sensibile alle legittime esigenze dei migranti, non si renda conto – con la sua iniziativa – di aver fornito al Ministro Salvini – per usare un gergo sportivo – un assist formidabile, capace di mandarlo di sicuro in goal.
E ciò, nonostante la posizione politica e umana di Salvini si collochi agli antipodi di quella di Patronaggio.
Si dirà che Patronaggio aveva il dovere di fare ciò che ha fatto, per via della obbligatorietà dell’azione penale. Vero. Ma dobbiamo tutti ricordare che tale obbligatorietà non va vista come cieca ed assoluta, ma va sempre valutata alla luce del buon senso, che la deve guidare ed accompagnare.
E qui il buon senso mi pare ci dica con un elevato grado di probabilità che l’accusa di sequestro di persona mossa contro Salvini si sgonfierà come un palloncino.
E ciò perché sembra che i presupposti giuridici per supportarla siano alquanto deboli o comunque molto evanescenti. Si consideri infatti che per configurare il sequestro di persona – qui ipotizzato nei confronti di tutti i migranti accolti sulla nave Diciotti – occorre che il soggetto passivo del reato, cioè il sequestrato, sia posto in uno stato di costrizione tale da privarlo, anche per breve tempo, della sua libertà personale.
Orbene, dando per scontato che i migranti non potessero sbarcare – e comunque non lo potevano non per minaccia o violenza, ma per un ordine della autorità – nessuno avrebbe potuto loro impedire, in via del tutto ipotetica, di salire su un’altra imbarcazione per farsi poi sbarcare a Malta o a Creta. Certo, si tratta di una mera ipotesi di lavoro, ma serve a far capire che sequestro, per mancanza dei requisiti di legge, non ci poteva essere. E non c’era.
Così, Patronaggio, per un reato che molto probabilmente non c’era, avrà fatto in modo che Salvini si porti a casa un altro notevole numero di voti, visto che non gli si potrà impedire di atteggiarsi a vittima sacrificale. Insomma, Salvini avrà tutto da guadagnare e in cuor suo ringrazierà Patronaggio e la sua iniziativa.
Patronaggio invece non avrà nessuno da ringraziare se non se stesso.
Un’ultima nota. Salvini uscirà vincente da questa vicenda, e tuttavia bisogna avvertirlo che ha sbagliato nave. Con gli eritrei avrà vita dura, perché tutti – o quasi – avranno diritto ad asilo politico, ai sensi delle nostre leggi in atto vigenti.
Per questo, Salvini celebrerà una vittoria personale, ma una mezza sconfitta politica, anche perché nessuno in Europa ha preso sul serio le sue minacce e così egli ha dovuto attendere l’aiuto di Irlanda e Albania ( che non fa parte dell’Europa). Oltre che della Chiesa.
Se avesse fatto le stesse cose con una nave carica di nigeriani o sudanesi, avrebbe vinto anche politicamente. Che forse abbia dei consiglieri mediocri?