Le urla, alla riunione del gruppo del terzo polo al Senato prima dell’informativa della ministra Santanchè, si sentivano da fuori. Il motivo è che il leader di Azione, Carlo Calenda, avrebbe voluto intervenire per dire che a prescindere dalle indagini non era e non è opportuno che Santanché continui a sedere al suo posto. Insomma, per chiederne le dimissioni. Risposta? Neanche per sogno. Dai vertici, cioè dalla capogruppo renziana Raffaella Paita, è arrivato lo stop. A parlare sarebbe stato Enrico Borghi, come poi è avvenuto. «Non veniamo dietro al tuo giustizialismo», si è sentito dire Calenda prima di sedersi al proprio banco, lasciando un posto vuoto tra sé e il gruppetto attorno a Borghi, e non applaudendo l’intervento del collega. Con Renzi, nemmeno uno sguardo. E così Calenda la sua l’ha detta lo stesso, ma fuori dal Parlamento, in un video girato per i social tra i vicoli di Roma.

«C’è una profonda differenza tra essere garantisti e sostenere che comportamenti gravemente inappropriati di un membro di governo debbano essere considerati irrilevanti fino a eventuale sentenza passata in giudicato - ha detto il segretario di Azione - In tutte le democrazie liberali i membri di governo rispondono politicamente dei loro comportamenti, indipendentemente dalle vicende giudiziarie: alla luce di quanto accaduto in Senato, la Ministra dovrebbe seriamente valutare di fare un passo indietro». Una linea evidentemente diversa da quella di Italia viva, anche se ieri Calenda ha parlato di «posizioni politiche diverse di due partiti diversi, peraltro entrambe legittime» e rifuggendo la parola «lite».

Ma la differenza di vedute è stata sottolineata anche da esponenti di spicco di Azione, e qui sta il vero problema. «Vedremo se le parole di Santanchè saranno confermate anche dai fatti - ha commentato Maria Stella Gelmini dopo l’informativa - Ad oggi, a mio avviso, non ci sono mozioni di sfiducia che tengano, sono e sarò garantista, anche in questo caso».

E su una linea diversa rispetto alle «inchieste giornalistiche di vario tipo» a cui Calenda ha fatto riferimento nel video è anche un tweet di appena ventiquattro ore prima del responsabile Giustizia di Azione, Enrico Costa. «Si discute molto sul tutelare il giornalismo d’inchiesta - scriveva Costa poche ore prima dell’informativa di Santanché - Ma intendiamoci sul concetto di giornalista d’inchiesta: è tale quello che pubblica intercettazioni riservate, spia le persone, usa il taglia e cuci o campa su interviste “rubate”?» Un tema sul quale ha rimarcato la posizione di Italia viva anche Ettore Rosato.

«Sui temi giudiziari i giornalisti fanno il loro mestiere - ha spiegato il vicepresidente della Camera al Qn - Troppe volte, però, continuo a vedere avversari o alleati politici coinvolti in vicende che occupano le prime pagine dei giornali o dei rotocalchi televisivi e poi, dopo un po', si sgonfiano in un nulla di fatto: un nulla di fatto che nel frattempo ha comunque provocato una lesione alla credibilità di persone risultate poi estranee». Nel frattempo ieri Santanché ha ribadito di non aver ricevuto alcun avviso di garanzia, ma l’ormai certa iscrizione nel registro degli indagati a Milano non lascia tranquilla la maggioranza e il governo. Giorgia Meloni in primis.