Poco più di dodici mesi. È questo il tempo a disposizione di Giorgia Meloni per rafforzare la sua posizione in Europa, proseguire il dialogo tra Popolari e Conservatori, gruppo del quale lei è presidente, e provare così alle Europee del 2024 a cambiare il gioco delle alleanze che governa il Parlamento di Strasburgo.

Per farlo, la presidente del Consiglio ha cominciato a tessere una tela il cui primo punto è stato rappresentato poco meno di un anno fa dall’elezione di Roberto Metsola all’Europarlamento, votata sì dal Ppe, partito del quale fa parte, ma anche dai Conservatori.

Poi è arrivata la vittoria elettorale e la conseguente scelta di un ministro per gli Affari europei. Senza pensarci troppo la scelta è ricaduta su Raffaele Fitto, ampio conoscitore dei corridoi di Bruxelles e con un passato proprio nel Ppe.

Fino all’incontro tra Meloni e Manfred Weber, capogruppo dei Popolari a Strasburgo, al termine delle esequie di Benedetto XVI, che ha esplicitato, secondo fonti di Fratelli d’Italia, un lavoro che va avanti da tempo.

Con il beneplacito di Silvio Berlusconi, che ha ricevuto la telefonata di Weber e si è detto contento «dell’importanza che viene attribuita a Forza Italia nel Ppe e in Europa».

Buoni rapporti confermati anche dal vicepresidente del Consiglio e numero due di Forza Italia, Antonio Tajani, che ricorda di essere stato eletto presidente del Parlamento europeo, nel 2017, con i voti di Popolari, Conservatori e Liberali. «Il dialogo è cominciato da tempo e certamente andrà avanti nei prossimi mesi - ragiona Tajani - Di sicuro l’alleanza che mi ha permesso di sconfiggere all’epoca il candidato socialista si può replicare dopo le europee del 2024».

Anche perché, aggiunge, «i conservatori fanno tranquillamente parte dell’arco costituzionale europeo». Quel che è certo è che non era la prima volta che il capogruppo del Ppe e l’inquilina di palazzo Chigi discutevano della possibile, futura alleanza.

Era già accaduto l’ 11 novembre scorso, quando ancora non era scoppiato il cosiddetto Qatargate che ha coinvolto i Socialisti e che, per questo, Meloni ha definito «socialist job più che italian job».

Ma il cammino non sarà comunque semplice, a causa della presenza di alcuni “disturbatori” che negli anni hanno dato filo da torcere sia ai Popolari o che rischiano di creare problemi, come nel caso dei Conservatori. In primis, ovviamente, Viktor Orban, che del Ppe è stato per anni una spia nel fianco fino a smentire ogni due per tre le decisioni prese dalla propria famiglia europea d’appartenenza.

Finché è durato il regno di Angela Merkel era lei a tenere a bada quello che scherzosamente parlando ( ma non troppo), l’ex presidente della Commissione Jean Claude Juncker, popolare anche lui, definiva «the dictator», poi il leader ungherese è stato messo ai margini fino a uscire dal Ppe. Ma anche i Conservatori, dovesse concretizzarsi il matrimonio, dovranno prima lavare qualche panno in casa, visto che gli spagnoli di Vox, fedeli alleati di Fratelli d’Italia anche a causa dell’amicizia personale tra Meloni e Santiago Abascal, non saranno contentissimi di stringere la mano a chi per decenni ha governato le istituzioni europee assieme ai socialisti.

Per non parlare poi di Piattaforma Civica ( Ppe), partito dell’ex presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, che in Polonia è all’opposizione di Diritto e Giustizia, partito che fa parte del gruppo dei Conservatori a Bruxelles. «A ottobre ci saranno le elezioni in Polonia e se si supererà questo ostacolo, credo che a questo punto sarà ancora più semplice immaginare che alle elezioni europee 2024 le cose possano filare lisce», ha detto l’eurodeputato di Fdi, Nicola Procaccini.

L’impressione tuttavia è che Meloni dovrà calibrare ogni prossima uscita anche dal punto di vista comunicativo, se è vero che i terreni di scontro con l’Ue di Ursula von der Leyen, esponente del Ppe, non mancano.

Dall’immigrazione all’economia gli scorsi giorni hanno dato prova di quanto sia fragile il dialogo, pur instaurato, tra governo italiano e istituzioni europee. E chissà che allora la presentazione del libro con i discorsi di David Sassoli, che vedrà von der Leyen per la seconda volta a Roma nel giro di pochi giorni, non possa essere un ulteriore momento di confronto tra Roma e Bruxelles, tra conservatori e popolari.