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Luigi Sbarra, segretario Cisl
Il fronte sindacale si divide sulla mobilitazione generale e sulle modalità di affrontare l’interlocuzione con il governo in vista della prossima manovra finanziaria. «È una manovra sbagliata che non tutela i salari e non tutela le pensioni, che non introduce il salario minimo, che non combatte l’evasione fiscale, non tassa la rendita e i profitti, che taglia la sanità pubblica e la scuola», aveva tuonato Maurizio Landini al termine dell’Assemblea Cgil che ha dato il mandato allo sciopero generale. Sulla stessa linea la Uil di Pierpaolo Bombardieri, ma non la Cisl che ha immediatamente posto diversi distinguo. Il segretario Luigi Sbarra ha inviato una lettera ai colleghi delle altre due sigle sindacali per spiegare che ritiene opportuno aspettare l’approvazione definitiva della legge di bilancio per una valutazione più completa prima di decidere il da farsi. Ma la parte della missiva che più rischia di dividere il fronte sindacale è quella in cui Sbarra evidenzia che «guardando alle anticipazioni rese dall’esecutivo nell’incontro con le parti sociali, alle dichiarazioni in conferenza stampa e alle notizie diffuse dagli organi di informazione, si evidenziano non pochi interventi coerenti con le rivendicazioni su cui ci siamo battuti in questi mesi in modo unitario, sia nei momenti di mobilitazione comune, sia ai tavoli di negoziato con il governo. Misure che, se confermate, sarebbero motivo di un nostro giudizio articolato e non privo di luci».
Un assist insperato per il governo Meloni che, ovviamente, spera nella divisione dello schieramento avverso per potere superare indenne l’autunno caldo che potrebbe diventare il vero primo banco di prova sulla reale tenuta del governo. Lo stesso Sbarra, nella giornata di ieri, ha provato a correggere il tiro, con una dichiarazione rilasciata a margine di un’assemblea organizzativa di Cisl Puglia, con la quale ha ulteriormente commentato la manovra. «Ci sono aspetti che, se confermati, non ci convincono. Non ci convince la stretta sulle pensioni. Ecco perché - ha aggiunto - aspettiamo di conoscere il testo del provvedimento. Sulle parti che non ci convincono eserciteremo una forte pressione sul governo e sui gruppi parlamentari.
Questo è il tempo di esaminare nel merito e nei contenuti la legge di bilancio».
Ma la fuga in avanti della Cgil ha messo in imbarazzo anche il principale partito dell’opposizione con Elly Schlein che, per il momento, è sembrata prendere le distanze affermando di condividere molte delle critiche mosse dalla Cgil alla manovra, ma specificando che sullo sciopero generale la valutazione spetta al sindacato. Un chiaro segnale di equilibrismo, dopo le recenti critiche dell’opposizione dem, che ha visto una leadership debole che rischia di farsi dettare la linea da Landini. E il leader del sindacato, pur escludendo un suo impegno diretto in politica, gonfia il petto e continua a dare spallate da sinistra. In tanti, dietro il suo rinnovato protagonismo, continuano a vedere una sua possibile candidatura alle prossime elezioni europee, nonostante le sue ripetute smentite sul punto. Fatto sta che pare essersi innescata una competizione a sinistra che rischia di vedere schiacciata Schlein tra le spallate di Landini da una parte e di Conte dall’altra. Dopo le battute sull’ “elmetto” che Letta avrebbe lasciato sulla testa di Elly, condizionandola sulle posizioni in ordine alla guerra, il leader dei 5 Stelle sulla manovra continua a sparare ad alzo zero. «Mi sembra che non ci sia nessuna volontà per rendere quantomeno il Parlamento corresponsabile – le sue dichiarazioni di ieri sulla manovra -. Purtroppo questo significa calpestare quella minima possibilità per il Parlamento di poter dare un contributo e mi sembra che anche in seno ai parlamentari di maggioranza non ci sia tutto questo entusiasmo rispetto a una manovra che il Governo preannuncia essere immodificabile in Parlamento» . E sarebbe un vero paradosso per la segretaria del Pd rimanere schiacciata a sinistra proprio lì dove la sua opposizione interna l’accusa di avere spostato troppo l’asse del partito. Così come pare paradossale che le forze del centrosinistra, vedasi anche il nuovo e definitivo strappo tra Renzi e Calenda, non riescano a compattarsi per provare a mettere davvero alla prova il governo di centrodestra. Anche per questo Meloni vuol fare in fretta e superare l’ostacolo dell’approvazione in Parlamento il prima possibile, senza dare allo schieramento avverso il tempo di ricomporrei ranghi.