LE TENSIONI INTERNE INIZIATE COL PAPEETE TOCCANO ADESSO VETTE INEDITE

Dopo il tentato viaggio a Mosca, l’ala moderata del Carroccio è sempre più irritata dalle trovate del leader. E c’è chi dopo il voto vorrebbe “processare” Salvini

La resa dei conti all’interno della Lega è fissata per il dopo elezioni del prossimo 12 giugno. A quel punto saranno chiari non solo i risultati ottenuti dal partito alle Amministrative, con la valutazione della scelta di non correre senza il simbolo in molte città del Sud, ma anche l’esito del referendum. Sui superstiti quesiti referendari relativi alla giustizia il leader Matteo Salvini è rimasto praticamente l’unico a proseguire nella battaglia per il sì, nonostante i sondaggi descrivano uno scenario in cui appare come poco più che una chimera la possibilità di raggiungere il quorum.

E se i risultati di “Prima l’Italia” al Sud dovessero essere deludenti, così come quelli per il referendum, l’ala governista del partito rappresentata dai componenti dell’esecutivo con in testa il ministro dello Sviluppo Economico Giancarlo Giorgetti insieme al drappello dei governatori del Nord capitanati da Luca Zaia, seguito a ruota da Massimiliano Fedriga, sono pronti a presentare il conto. Il dissenso all’interno della Lega, che è cominciato a montare fin dal momento della fine dell’esperienza di governo giallo- verde, è arrivato nelle ultime settimane al massimo. Le sortite sulla politica estera all’indomani dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russa di Putin hanno aperto un fronte interno di critica molto forte. Adesso la scelta, poi abortita, del possibile viaggio in Russia per una missione di pace che non rientrerebbe propriamente tra i compiti di un capo partito, ha ancora di più acceso gli animi e provocato imbarazzi. E con essa la scelta di dotarsi, proprio per lo studio del dossier sulla guerra, del super consulente Antonio Capuano, ha provocato anche prese di distanze ufficiali a partire dal solito Giorgetti che ha puntualizzato come iniziative del genere vadano concertate con il governo. Se a ciò si aggiunge l’invito alla trasparenza arrivato dal presidente del Consiglio Mario Draghi e l’avvio di indagini da parte del Copasir proprio sulla figura del nuovo consulente leghista, i contorni della frittata assumono dimensioni inquietanti.

Sullo sfondo delle tensioni interne, poi, rimane anche la questione relativa ai rapporti tra la Lega e gli alleati di centrodestra. Anche da questo punto di vista il rafforzarsi dell’asse con Silvio Berlusconi comincia a non convincere soprattutto il fronte dei governatori nordisti che non vogliono trovarsi a rinunciare a posti al sole con una lista unica per le prossime politiche solo per il gioco di leadership che si è avviato all’interno della coalizione. L’asse tra Salvini e il Cavaliere sembra avere come unico obiettivo quello di limitare l’avanzata di Fratelli d’Italia e, con essa, la legittima rivendicazione della guida del futuro governo da parte di Giorgia Meloni. Per di più proprio i due leader sono uniti anche da quelli che, dall’ala governista della Lega, vengono valutati come errori fondanti nell’elaborazione della linea di politica estera del partito. I frequenti scivoloni su Putin dei due leader hanno consentito a Giorgia Meloni e al suo partito di accreditarsi come unico soggetto di centrodestra autenticamente atlantista e in linea con le decisioni assunte dal governo Draghi, di cui è all’opposizione, e con le determinazioni dell’Unione Europea e degli Usa.

Adesso, dopo la tempesta che ha fatto fare un passo indietro a Salvini sul viaggio a Mosca, l’ordine tra i governisti è quello di tenere basso il profilo e di aspettare con disciplina l’esito delle elezioni amministrative. A risultai acquisiti, però, e con le decisioni da assumere in vista della scelta delle candidature per le Regionali, a partire dalla Sicilia, il dibattito interno diverrà serrato. E stavolta come non mai, non solo appare in discussione la leadership di Salvini all’interno del suo partito, ma anche la stessa unità interna. I governisti guardano con attenzione ai movimenti di Mario Draghi e scrutano anche le mosse dei governisti scontenti di Fi e dei partiti di centro che lavorano sotto traccia a una possibile nuova e larga aggregazione che possa essere elemento fondante di una prosecuzione dell’attuale esperienza di governo anche nella prossima legislatura.