Chissà se qualche spirito giocoso l’ha ricordato. Perché a ben vedere la similitudine calza: il tentativo di modifica dell’Italicum assomiglia al personaggio del Boiardo nell’Orlando innamorato: “Così colui, del colpo non accorto, andava combattendo ed era morto”. Meglio lasciar perdere e dalla poesia passare velocemente alla prosa. Che ha un senso non equivocabile: il confronto più o meno clandestinamente avviato dagli emissari renziani dopo che il premier aveva ributtato la palla al Parlamento, si è arenato all’avvio.C<+tondo_giust>hissà se qualche spirito giocoso l’ha ricordato. Perché a ben vedere la similitudine calza: il tentativo di modifica dell’Italicum assomiglia al personaggio del Boiardo nell’Orlando innamorato: “Così colui, del colpo non accorto, andava combattendo ed era morto”. Meglio lasciar perdere e dalla poesia passare velocemente alla prosa. Che ha un senso non equivocabile: il confronto più o meno clandestinamente avviato dagli emissari renziani dopo che il premier aveva ributtato la palla al Parlamento, si è arenato all’avvio. Per ragioni facilmente comprensibili. Il presidente del Consiglio continua a credere che l’Italicum sia «una buona legge» e non trova valide ragioni per cambiarla. L’idea di assegnare il premio di maggioranza non più ad una lista bensì ad una coalizione forse può allargare i confini dello schieramento che si presenta alle urne, ma sicuramente ripropone meccanismi di litigiosità già ampiamente sperimentati con l’Ulivo e l’Unione. Si vince ma non si governa: schema già visto e ampiamente bocciato dagli italiani. Senza che peraltro quella eventuale modifica costituisca uno scudo adeguato ai possibili (in realtà certi) strali della Corte costituzionale che, salvo slittamenti, esaminerà il provvedimento ad inizio ottobre. Da questa parte, dunque, porte sbarrate.Ma anche i Cinquestelle sono restii. I sondaggi praticamente all’unanimità li danno vincenti in caso di ballottaggio con il Pd renziano; e stravincenti in un improbabilissimo duello con il centrodestra. Modificare un sistema così favorevole sarebbe masochismo politico. Vero, i grillini l’Italicum l’hanno considerato improponibile fin dall’inizio. Ma anche qui: che senso ha cambiarne una parte quando è l’inteso sistema che non funziona?Boatos transatlantici per settimane hanno lasciato filtrare che Berlusconi altro non aspettava che riprendere il dialogo con il Matteo di palazzo Chigi buttando a mare quello leghista. Un vero sciocchezzaio, visto che l’obiettivo primario dell’ex Cav rimane quello di sgombrare il campo dall’inquilino di palazzo Chigi e, dopo, cercare sì un governo di larghe intese ma sulle macerie e non certo sui successi del Pd. Se invece la riforma dell’Italicum andasse in porto ora, il dividendo sarebbe di pura marca renziana. Insomma un autogol. Genere per il quale Berlusconi non stravede, e non solo sui campi di calcio.Resterebbero i centristi, la sinistra dem e quella radicale. Loro sì che sarebbero interessati al premio di lista. Purtroppo le loro ragioni cozzano con quelle dei tre principali partiti: facile capire che le loro speranze hanno la consistenza del fumo.E dunque? Dunque al di là dei giochi di salotto e della fantapolitica da bar, il copione è già scritto. Renzi ha consegnato una specie di smoking gun ai tanti suo avversari: il voto referendario. Chi vuole colpirlo, sa come e dove farlo. Proprio per questo, di converso, al premier non resta che un’unica possibilità: vincere, e possibilmente con ampio margine, il referendum, di fine ottobre-inizio novembre. Fuori da questo spartito, ci sono solo sinfonie stonate e pentagrammi vergati a caso. Anche i sussurri di queste ore secondo i quali in caso di sconfitta il capo del governo rimarrebbe al suo posto hanno un che di consolatorio. Schiaffeggiato dal voto amministrativo, bocciato nel cuore della sua proposta politica (le riforme costituzionali) e sbugiardato nella più impegnativa promessa (Se perdo, lascio), l’eventuale Renzi residuo sarebbe anche lui come il personaggio del Boiardo.Insomma la legge elettorale vive un curioso paradosso. Di fatto, è il piatto forte del confronto politico, quello che tutti vogliono guadagnare e assicurarsi. Però ha una controindicazione: che non può essere messo in tavola. Perché se Renzi vince il referendum, il pallino sarà completamente nelle sue mani e dunque se l’Italicum dovrà cambiare e in che modo, lo deciderà unicamente lui. Le uniche consultazioni le svolgerà con il suo cerchio magico. Se invece al referendum dovessero prevalere i No, allora il problema principale non sarà più la riforma elettorale. La priorità, infatti, diventerà come e con chi sostituire l’attuale presidente del Consiglio. Che maggioranza allestire. Quale governo presentare al capo dello Stato. In ogni caso, mai e poi mai votare. La scadenza naturale della legislatura è nel 2018. E gli attuali inquilini del palazzo non fremono per cambiare il calendario.