«L’esercizio della funzione legislativa non può essere delegato al governo se non con determinazione di principi e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti». È questo il perimetro disegnato dall'articolo 76 della Costituzione attorno al potere dell'esecutivo di emanare provvedimenti che «abbiano valore di legge ordinaria ( art. 77)». Ma la Carta, si sa, è una guida facilmente aggirabile e di fatto riformabile dalla consuetudine, senza passare attraverso complicate procedure parlamentari o referendarie. Così, da parecchi anni ormai, i confini marcati dalla Costituzione vengono puntualmente scavalcati a ogni legislatura da una prassi che fa sentire i governi liberi di legiferare, a colpi di fiducia, in barba a ogni precetto.

Le Camere, un tempo luogo sacro del confronto e della produzione normativa, sono ridotte a un “alzamanificio” in cui ogni singolo eletto si limita a votare i provvedimenti decisi a Palazzo Chigi. Non c'è tempo per il dibattito, per il ragionamento. Va approvato tutto e subito, senza badare troppo ai fronzoli. Nemmeno a quelli raccomandati più volte dal Quirinale: evitare la sovrapproduzione di decreti omnibus, al cui interno può finire una legge sull'immigrazione insieme a una sulle piste ciclabili. Senza contare le leggi e le sentenze della Corte costituzionale che “sconsigliano” vivamente questa pratica: un decreto dovrebbe essere «specifico, omogeneo e corrispondente al titolo».

Niente di tutto ciò. La decretazione è d'urgenza anche quanto l'urgenza non è giustificata da nulla. Se non dai fatti di cronaca, che esigono la reattività di un click per rispondere tempestivamente all'emotività del momento. Poco importa che quegli stessi provvedimenti produrranno effetti su gente in carne e ossa. Il consenso è consenso e nessuno vuole mostrarsi indeciso. A costo di commettere qualche strafalcione inutile e potenzialmente dannoso. E il governo Meloni, in carica da meno di un anno, non si distingue dai suoi predecessori di ogni colore. Anzi, sembra voler battere ogni record. Secondo i dati elaborati da Openpolis, infatti, «nel corso dell’attuale legislatura, le leggi approvate definitivamente sono 52 e oltre la metà di queste norme è costituita da conversioni di decreti. Parliamo del 55,8 per cento» di tutta la produzione legislativa. «Si tratta del dato percentuale più elevato se si confrontano i valori dei governi delle ultime 4 legislature. Al secondo posto troviamo infatti il governo Letta ( 52,4 per cento) e al terzo il Conte II ( 34,7 per cento)».

Ma per farsi un'idea più precisa del peso dei decreti su tutta la produzione normativa tra governi di durate diversi basta valutare il dato medio di pubblicazioni mensili. «Da questo punto di vista il governo Meloni si trova al primo posto con 3,55 dl pubblicati in media ogni mese. Seguono i governi Draghi ( 3,2), Conte II ( 3,18) e Letta ( 2,78)», scrive Openpolis. Solo che a differenza dei suoi due predecessori ( Draghi e Conte) - gli unici dal 2008 a oggi ad aver prodotto in media più di tre decreti al mese - Giorgia Meloni non ha dovuto affrontare un fenomeno imprevedibile come il Covid. In valori assoluti, invece, l'esecutivo in carica ha ancora tanta strada da recuperare.

Con i suoi 39 decreti legge deliberati ( di cui ben 11 omnibus), l'attuale governo si colloca infatti al sesto posto della classifica nelle ultime quattro legislature. «Ai primi posti della graduatoria troviamo invece i governi Berlusconi IV ( 80), Draghi ( 64) e Renzi ( 56). È significativo comunque osservare che il governo Meloni ha già sopravanzato il primo esecutivo guidato da Giuseppe Conte ( 26) e quello di Paolo Gentiloni ( 20), nonostante questi ultimi fossero rimasti in carica per più tempo ( rispettivamente 15 e 17 mesi)».

Ed è in questo contesto che il ruolo del Parlamento perde completamente di significato e funzione: le leggi ordinarie approvate nella legislatura in corso sono appena 10, il 19,2 per cento del totale. Solo i governi Letta e Conte II hanno fatto peggio: rispettivamente il 16,7 per cento e il 9,18. Ma c'è tempo per raggiungerli. Nella Repubblica dei decreti mai porsi limiti: il nuovo arrivato potrà sempre superare il predecessore, quando si tratta di oltrepassare i limiti.