Chiedi cos'erano gli anni Settanta. Chiedilo magari a Domenico Gramazio, che dalla vita istituzionale ? quattro mandati parlamentari, incarichi alla Regione Lazio e, prima di tutto, la militanza nel Msi ? è passato nel giro di pochi mesi allo sconvolgimento per l'arresto del figlio Luca, l'ex capogruppo di Fi ancora in carcere per Mafia Capitale. Chiedilo, e troverai un uomo alla soglia dei settanta che si accende al ricordo degli anni «terribili», delle sezioni-bunker, degli scontri di piazza, «della vita da attivista che cominciava con una scopa in mano, perché la prima cosa da imparare era tenere pulita la sede».Ricordare la politica «calda» di allora è comunque adrenalina che chi vive solo di consultazioni in rete non capirà mai.E come fanno a fare politica solo dietro una tastiera, onorevole Gramazio?Non lo so. Io devo vedere le persone, incontrarle da vicino. Il web può essere un supporto ma non si vive solo di quello, speriamo cambi qualcosa.Come si fa ad avere nostalgia di una politica come quella degli anni Settanta fatta di scontri anche tragici?Nostalgia non è la parola giusta, ma il ricordo è fortissimo. Sono entrato in sezione che avevo 14 anni, ho bene in mente tutte le battaglie, combattute anche contro chi era dall'altra parte della barricata all'epoca e che poi mi sono ritrovato a fianco nelle istituzioni, persone che militavano a sinistra nella rossa facoltà di Lettere mentre noi presidiavamo Giurisprudenza. Però come faccio ad avere nostalgia se mi viene in mente il rogo di Primavalle o i ragazzi picchiati all'uscita di scuola?Perché c'era un coinvolgimento oggi impensabile?E per capirlo si deve pensare ai giornalini universitari che oggi non si fanno più e che io ho cominciato a stampare col ciclostilo a manovella: venivano pieni di sbavature, si usava la carta carbone. Però ecco, questo sì, di quel senso di partecipazione si ha nostalgia.La politica ora cede terreno ad altri poteri.Che spesso si impongono attraverso la grande stampa. Ma non è che i giornaloni non pesassero, negli anni Settanta: noi stimavamo Montanelli, ma quando invitò a turarsi il naso pur di votare Dc ci infuriammo, perché a Roma Dc e Movimento sociale erano vasi comunicanti: i voti che prendeva l'uno li perdeva l'altro.Roma era una piazza d'armi.La guerra cominciava dai manifesti, ricordo il grande successo di uno che mi venne in mente quando Benvenuti vinse il campionato del mondo: ?Benvenuti batte il Negro, ora è necessario battere Moro'. Lo attaccammo sotto casa di Aldo Moro, il portiere dello stabile ci vide e chiamò la polizia: ci portarono tutti al commissariato Trieste-Salario di via Acherusio.E che voleva, i complimenti del leader Dc?No per carità, ricordo che lo stampammo al Secolo d'Italia grazie all'amministratore di allora: Giuseppe Ciarrapico.Quanti dei militanti di allora ha ritrovato poi in An?Pochissimi. Tra questi l'attuale sindaco di Sacrofano Tommaso Luzzi, che io nominai segretario giovanile all'Appio-Latino. Poi qualcun altro che ha fatto attività sindacale nella Cisnal.Quindi con An la comunità missina si è dispersa.Purtroppo è stato in gran parte così, per responsabilità dei cosiddetti colonnelli. Che divenuti ministri o sottosegretari hanno pensato di non avere più bisogno dei ragazzi con cui avevano diviso le sezioni.E lei si è ricordato degli amici di allora?Io ho sempre avuto un rapporto personale diretto anche da militante giovanile del Msi con gli stessi ragazzi che preferirono l'esperienza di Avanguardia nazionale, e che in genere guardavano a chi era rimasto nel Msi come a un nemico.Insomma quella di An è una storia piena di rimozioni.I primi anni di Alleanza nazionale sono stati stupendi, questo va detto, poi man mano l'energia della militanza missina è evaporata. Ha mai avuto la sensazione di rischiare la vita, ai tempi del Msi?Sì, in particolare quando vennero da Milano i Catanga e si misero ad aspettare ciascuno di noi del Trieste-Salario sotto casa. Io quella notte a casa non ci andai a dormire.Di chi le è rimasto il ricordo più forte?Di Angelo Mancia. Ero segretario di sezione a Talenti, divenni consigliere circoscrizionale e lasciai la sezione a lui. Fu assassinato il 12 marzo del 1980.Che ricordo ha del Fini di allora?Fu scelto da Almirante a capo del Fronte della gioventù, sicuramente era il giovane più in vista nel nostro partito, sotto l'ala protettrice di Almirante. Fu scelto in una rosa di dirigenti indicati dai ragazzi del Fronte tra i quali c'era anche l'allora direttore de La voce della fogna Marco Tarchi. È diventato professore a Pisa, già allora era su posizioni piuttosto eterodosse rispetto ai vertici del partito.Lei sente più Fini?No, da quando è uscito dal Pdl per fondare Futuro e libertà.Cosa gli rimprovera?Di essersi fatto eleggere presidente della Camera anziché segretario del Pdl, ruolo che a mio giudizio sarebbe stato più importante.Scelse così per prepararsi lo sdoganamento e la svolta centrista?La svolta centrista gli è venuta in mente mentre faceva il presidente della Camera. Quel ruolo gli ha fatto ritenere di poter essere qualcosa di più di quello che era. Influirono molto anche i suoi rapporti istituzionali con il presidente della Repubblica Napolitano. Ogni giovedì andava al Quirinale a parlare di politica.Napolitano ha il suo carisma, qualcosa dentro ti cambia.Chi ha scritto la storia di quei giorni racconta che Fini si sentiva al di sopra di tutto e di tutti. Gli è andata male, molto male, con quel risultato da prefisso telefonico.E ora che fine fa la destra?Mi auguro si capisca una cosa: il referendum è uno spartiacque, chi oggi è per il sì non potrà mai far parte di un nuovo contenitore del centrodestra. Che spero possa ricostituirsi. Certo se ci fosse una deriva liberaldemocratica io non mi lascerei travolgere.A proposito di Fini, ma lei è mai stato rautiano?Mai, sempre almirantiano. Quella contrapposizione era micidiale.Si finiva sempre a sediate.Soprattutto al congresso in cui ci fu la scissione di Democrazia nazionale: lì lo scontro anche fisico con i rautiani, guidati dal compianto Tony Augello, fu incredibile.La manifestazione che le è rimasta più impressa.Quella che facemmo a favore di Nixon in contemporanea con una anti Nixon organizzata a piazza Esedra dai giovani che occupavano il Magistero. E un'altra a favore di Coimbè, il leader congolese anticomunista che si contrapponeva a Lumumba. Ci furono scontri violentissimi alla Galleria Colonna, era il 1966. Noi eravamo entusiasmati da questo congolese filoccidentale anche grazie alla canzone di Leo Valeriano sui mercenari bianchi...Senta ma come si è passati da una politica di rapporti e scontri fisici a quella vissuta on line?È una modernità da vertigini se penso che nelle sezioni non avevamo neanche il telefono e che l'allora leader dell'organizzazione giovanile Caradonna impose di installarlo in tutte le sedi, in modo da avvertire la federazione romana di via Cavour in caso di aggressioni o peggio. A Roma il Msi aveva 44 sezioni. Le persone devono incontrarsi, o la politica resta schiacciata da qualcos'altro.