È presto per dire chi ha vinto o più probabilmente chi vincerà in Spagna. Però si possono già indicare con certezza alcuni dei perdenti: tra questi c’è Giorgia Meloni e non si tratta di una sconfitta secondaria che in fondo non la riguarda direttamente, come si potrebbe credere a prima vista. Al contrario il voto spagnolo è la prima vera mazzata che deve subìre da prima di vincere le elezioni del 2022. Oltretutto, si tratta di una sconfitta articolata su diversi livelli, resa più amara e soprattutto più vistosa dalla sovraesposizione della premier italiana in quella campagna elettorale a sostegno dell’ala spagnola dei Conservatori e Riformisti europei, l’estrema destra di Vox. Il quale, nonostante la previsione opposta, è calato nettamente sul fronte dei consensi e tracollato su quello dei seggi. Se l’operazione del governo Popolari-Vox è fallita lo si deve proprio alla sconfitta della destra.

E un doppio colpo particolarmente duro. Un successo di Vox avrebbe dimostrato che anche nell’Europa dell’ovest la destra radicale è ormai legittimata e ha la strada spianata. La nascita del governo Pp-Vox avrebbe spalancato i cancelli per quell’alleanza Popolari-Conservatori che è il principale obiettivo di Meloni: “Oggi in Spagna, domani a Bruxelles”. La flessione di Vox dimostra che in Europa atlantismo e accettazione del rigorismo europeo non bastano.

Gli elettori hanno vanificato e quasi sovvertito i pronostici, probabilmente, proprio per impedire l’arrivo dell’estrema destra al governo. Il segnale non mancherà di ripercuotersi con massima potenza in Europa: quella che fino a domenica mattina sembrava la carta vincente, e pertanto una strada già segnata, appare oggi come un possibile vicolo cieco, un’alleanza che minaccia di lasciare i popolari a becco asciutto nonostante la vittoria. Non che la partita di Giorgia in Europa sia già persa, ma certo è diventata infinitamente più difficile.

Non è neppure tutto qui. L’evidente travaso di voti da Vox ai Popolari indica una tendenza opposta a quella sognata dalla leader italiana dei Conservatori europei. In caso di alleanza è il partito centrista a vampirizzare quello più radicale, all’opposto di quanto successo in Italia, caso però per diversi motivi molto particolare e che da domenica è lecito sospettare non riproducibile oltre confine. È un dato che rafforza la destra europea che non si riconosce nella strategia dell’accordo col centro capitanata e impostata proprio da Giorgia Meloni: la destra cioè di Matteo Salvini, Marine Le Pen e dell’AfD tedesca. Se sinora avevano pochi argomenti per replicare all’accusa di condannarsi da soli alla ghettizzazione e all’impossibilità di esercitare qualsiasi influenza, ora possono replicare che la strategia della premier rende in compenso la destra una ruota di scorta oltretutto poco utile e per certi versi dannosa.

Non ha motivo di lamentarsi il terzo partito della destra italiana, Forza Italia. Se la schiacciante superiorità del Ppe sui Conservatori venisse confermata per gli azzurri sarebbe un’ottima notizia, ma già la centralità assoluta conquistata in Spagna è una carta preziosa per gli eredi di Berlusconi, sempre che siano in grado di saperla giocare e non è detto. Però gli estremi per provarci ci sarebbero tutti.

L’esito, almeno sinora, della sfida in Spagna galvanizza infine l’opposizione in Italia e soprattutto supporta la strategia della segretaria del Pd, che mira a una coalizione italiana molto simile a quella tra Psoe e Sumar. Ma soprattutto il capovolgimento di un pronostico che sembrava certo rappresenta un’iniezione di fiducia di valore inestimabile sia per i vertici dei partiti dell’opposizione che per il loro elettorato, e il secondo aspetto è ancor più importante del primo.

Ma la partita non è ancora finita. Se si dovesse concludere con un’alleanza tra Psoe e Popolari per la strategia europea di Meloni sarebbe il de profundis ma è un’ipotesi praticamente impossibile. Un governo Sanchez permesso dal sostegno dei partiti indipendentisti sarebbe però per l’Italia un esito appena meno negativo. Tra le ipotesi in campo, la più auspicata a palazzo Chigi, pur se rischiosa, è dunque quella che porta dritti a nuove elezioni in Spagna: l’ingovernabilità.