«A Conte ho suggerito un gesto di chiarezza: dimettersi per formare un nuovo governo. E se non ci riesce, si va al voto. Per vincere». Bruno Tabacci, presidente del Centro Democratico, architetto dell'operazione "salva-Conte" e arruolatole di "responsabili", illustra la sua strategia in un'intervista a Repubblica. «Ho fatto quello che potevo ma i numeri restano incerti e a questo Paese non serve una maggioranza raccogliticcia», dice Tabacci, ammettendo l'impossibilità di uscire dall'impasse senza una mossa decisiva del presidente del Consiglio. E solo attraverso un ritorno al Colle con la "lettera di dimissioni" in mano, nuovi volenterosi potrebbero spuntare come funghi per salire a bordo di un eventuale Conte ter. «Ora tutti devono assumersi le proprie responsabilità», spiega ancora Tabacci,. «ma l’impressione è che si rotoli in fretta verso le elezioni». Il momento più delicato? Ovviamente il voto in Aula sulla relazione Bonafede: «Lo ritengo un passaggio più pericoloso di quello appena vissuto: perché alla questione politica generale se ne unisce una di merito, su un tema divisivo. Ma non mi limiterei a questo rischio: possiamo andare avanti, ad esempio, con maggioranze risicatissime nelle commissioni?». Secondo il senatore, che ha lavorato per «un disegno di alto profilo, di stampo europeista, aperto a chi ci sta», i numeri al momento «non si sono materializzati. Al Senato siamo vicini, ma non è che se arriviamo a 161 risolviamo il problema, siamo onesti». Quanto a Italia viva che ha aperto la crisi ritirando due ministre, Tabacci spiega: «Renzi ha fatto un errore politico come quello che fece Salvini l’anno scorso. In più in Senato si è lasciato andare a una polemica personale e velenosa. Non credo ci siano più le condizioni per un dialogo. Con tanti colleghi di Iv invece c’è sempre stata collaborazione. Ma se vogliono stare dall’altra parte, ne prendiamo atto. Se è così, guardiamo all’area liberaldemocratica oggi prigioniera di Salvini e Meloni». Ma Tabacci sta attento a non lasciare speranze di avvicendamenti a palazzo Chigi ai detrattori del premier.  «Conte resta l’elemento imprescindibile di stabilità per la coalizione», dice. «Ma se la maggioranza non c’è deve prenderne atto prima di mercoledì: deve dimettersi e cercare di costruire un altro governo, con personalità autorevoli. Con un passaggio formale, di chiarezza: chiamiamo tutti alle proprie responsabilità. E se non ci sono le condizioni si va alle urne. L’hanno fatto in America e in Olanda, si può fare pure qui». Il senatore del Centro Democratico è convinto che «con Conte al centro, alla guida di una sua lista e al vertice della coalizione, la partita è pienamente aperta. Io non credo ai sondaggi. Vista la pandemia, riconosciuta l’importanza dell’Europa in questa fase, quanti elettori davvero vogliono consegnare il Paese a Salvini?».