Sconfitte, tensioni e sospetti. I guai per il centrodestra non finiscono mai. Dopo il caso Sardegna - che ha visto soccombere il candidato meloniano Truzzu, con tanto di veleni incrociati tra alleati - ora arriva il generale Vannacci a mettere altra carne al fuoco delle diffidenze in maggioranza. Il soldato-scrittore, infatti, ha ricevuto una sospensione disciplinare dall’impiego per 11 mesi, «con conseguente uguale detrazione di anzianità e dimezzamento dello stipendio».

Una sanzione pesante, comminata dalla Difesa, in esito al procedimento disciplinare avviato il 30 ottobre, dopo la pubblicazione del libro Il mondo al contrario. Secondo quanto riferito all’AdnKronos da Giorgio Carta, avvocato del generale, proprio il contenuto di quella fatica editoriale avrebbe denotato «“carenza del senso di responsabilità” e determinato una “lesione al principio di neutralità/terzietà della Forza Armata”, “compromettendo il prestigio e la reputazione dell’Amministrazione di appartenenza e ingenerando possibili effetti emulativi dirompenti e divisivi nell’ambito della compagine militare”». Nulla di trascendentale, dunque, considerando il polverone (e le querele) sollevato dalle posizioni al limite del razzismo e dell’omofobia espresse da un militare con le mostrine ancora ben visibili sul petto.

Nulla di trascendentale, se non fosse che Vannacci è l’asso che Matteo Salvini vorrebbe giocare Europee, come candidato, per recuperare un po’ di terreno su Fratelli d’Italia, il partito del ministro della Difesa, Guido Crosetto. Ci sono tutti gli ingredienti per trasformare il caso in motivo di scontro politico tra alleati diffidenti. E puntualmente la bomba esplode. «Un’inchiesta al giorno, siamo al ridicolo, quanta paura fa il Generale? Viva la libertà di pensiero e di parola, viva le Forze armate e le Forze dell’ordine, viva uomini e donne che ogni giorno difendono l’onore, la libertà e la sicurezza degli Italiani», twitta il “capitano” della Lega, appena appresa la notizia, quasi a voler provocare una reazione di Crosetto. Che si manifesta nel pomeriggio, quando il ministro, prima di rispondere al question time, dice ai cronisti in Transatlantico: «Uscirà una nota della Difesa» sul caso Vannacci «che spiega ai non pratici in materia che parliamo di procedimenti partiti mesi fa, e che avvengono in modo automatico e sono totalmente esterni dall’input dell’autorità politica perché partono da un’autorità tecnica. Una volta che tutte le informazioni saranno disponibili, magari i commenti saranno più appropriati. Per quanto mi riguarda tra un po’ finirò le guance da porgere», dice stizzito il ministro meloniano, replicando a muso duro al leader della Lega. E la nota della Difesa annunciata da Crosetto non fa altro che spiegare tutti passaggi formali di un procedimento avvenuto «nel pieno rispetto delle norme», oltre a specificare che le sanzioni «non compromettono in alcun modo i diritti civili e politici del militare sanzionato, ivi inclusa l’eventuale candidatura per le consultazioni elettorali di qualsiasi tipo».

Non abbastanza, probabilmente, per convincere Salvini di non essere finito nel mirino del fuoco amico, nonostante su Vannacci pendano già altre inchieste della magistratura contabile (per le “spese pazze” quando era addetto militare italiano a Mosca), di quella ordinaria (per istigazione all’odio razziale) e di quella militare. Dalle parti di via Bellerio non credono più alle coincidenze. Hanno smesso di farlo, probabilmente, nel momento in cui a mettere definitivamente fuori gioco il governatore sardo uscente (e sgradito a Meloni) Christian Solinas dalla partita per le Regionali è intervenuta un’inchiesta per corruzione della procura di Cagliari.

La sindrome dell’accerchiamento e della giustizia a orologeria si è ormai impossessata di buona parte del Carroccio. Tanto che persino il mite governatore della Lombardia Attilio Fontana parla di «casualità che lascia qualche perplessità» rispetto alle tempistiche di alcune indagini a carico di Vannacci. I salviniani non fanno nulla per nascondere il sospetto che dietro alla nuova sanzione disciplinare a carico del generale ci sia una regia politica per colpire la Lega alle Europee. Solo che stavolta nessuno potrà evocare Soros come burattinaio.