Se tutti fanno un passettino indietro, aveva detto Matteo Salvini, la situazione si sblocca. In realtà la Lega ne fa uno enorme avanti e al Senato spariglia mollando il candidato ufficiale Paolo Romani e votando la forzista Anna Maria Bernini. Silvio Berlusconi la prende malissimo: Un atto ostile che rompe la coalizione e scoperchia lintesa di governo tra la Lega e il M5S. È davvero così? Il gesto di Salvini è certamente dirompente. Il capo della Lega si è posto come intermediario tra il centrodestra e i pentastellati puntando a sbloccare una situazione di stallo che minacciava di impantanare il meccanismo di elezione dei presidenti delle Camere. Non solo. Salvini ha preso molto sul serio la ritorsione annunciata da Luigi Di Maio di convergere a palazzo Madama su un nome del Pd: Luigi Zanda, franceschianiano ex capogruppo Democrat nella legislatura appena trascorsa. In questo modo sarebbe passata una manovra diversiva che rischiava di mandare allaria la strategia di Salvini che mira in modo esplicito ad avere lincarico da Sergio Mattarella earrivare a palazzo Chigi.La strambata sulla Bernini e lira di Berlusconi lo aiuteranno adesso nellimpresa? Chiamato a caldo a dare una risposta, Giancarlo Giorgetti - che di Matteo 2 è linterprete più accreditato - minimizza: Una coalizione come si rompe poi si ripara. A Berlusconi abbiamo fatto un favore. Anche qui: sul serio è così?Troppo presto per dare una risposta definitiva. Diciamo che la mossa salviniana è la coda avvelenata della battaglia per la leadership nel centrodestra che si è svolta in campagna elettorale e nei seggi. I numeri delle urne hanno premiato, a sorpresa e clamorosamente, il Carroccio: un responso che lex Cav non ha mai digerito e che solo formalmente ha fatto credere di accettare. Adesso lOpa della Lega su quel che resta di Forza Italia si fa esplicita, diretta e, nel lessico berlusconiano, assolutamente ostile.Salvini rischia di restare con il suo 17 per cento e se naviga in mare aperto con il sestante fisso sulla costellazione a cinque stelle il pericolo è che lapprodo sia quellodi una subordinazione al MoVimento: altro che premiership. Ma ancheBerlusconi rischia. Laffondo di Salvini può provocare uno smottamento versouna leadership leghista che allo stato appare più in sintonia con la costituency stessa del centrodestra. Sono duescommesse che marciano entrambe sul filo del rasoio. Chi la perde, si farà senzaltro molto male.Allungando lo sguardo più lontano, se il legame tra Salvini e Berlusconi si spezza, il presidente di FI sarà spinto verso il Pd, riprendendo forse il filo del discorso con Matteo Renzi, un altro che sta sulla riva del fiume ad aspettare. Mente Salvini potrebbe saldare il suo antieuropeismo con la protesta grillina per dare vita ad una aggregazione che già ora può contare sul cinquanta per cento degli elettori italiani.Forse è ancora troppo presto per scenari simili. Bisogna restare agli elementi di cronaca e capire se e in quale modo la ferita che si è aperta nella coalizione arrivata prima il 4 marzo potrà essere eventualmente suturata. Tuttavia è evidente che le categorie tradizionali con le quali il confronto politico si è finora svolto vanno riviste e, presumibilmente, riscritte. Il voto ha modificato in profondità il copione della politica, e gli scossoni adesso si avvertono anche nel Palazzo. Certo è che per come si sono messe le cose, è davvero complicato immaginare che ci sia qualcuno disposto a ripiegare. Berlusconi è alla battaglia finale: se la perde, è inevitabilmente destinato a uscire di scena. Salvini si gioca il tutto per tutto, ma è palese che in una situazione bloccata come quella consegnata dalle urne occorreva un gesto di rottura oppure la strada verso elezioni bis sarebbe stata segnata.Certo è che comunque si chiuderà la partita sulle presidenze del Parlamento, poi si aprirà quella sul governo che minaccia, con queste premesse, di essere quanto mai dirompente. Quel che si capisce è che ognuno degli attori finora in campo, ossia il centrodestra e i Cinquestelle, sono intenzionati a fare piatto, senza tentennamenti. In silenzio, al momento, resta solo il Pd. Le vistose crepe tra i vincitori dello scontro elettorale potrebbero ritagliarli spazi di manovra impensati. A patto che il Nazareno riesca a dotarsi di una rotta chiara e condivisa. Anche questa è una scommessa. Forse addirittura un azzardo.