Silvio Berlusconi resta ad Arcore a guardare. Non il film di Sorrentino, che non vedrà, come ha detto. Ma un altro “film” dalla diretta della politica reale, stavolta su “Loro due” intesi per Luigi Di Maio e Matteo Salvini. Ma niente pop corn, non solo perché non sembrano rientrare nei suoi gusti, ma soprattutto perché, come dicono dentro Fi, «è seriamente preoccupato per le sorti del Paese, anche se felice per la riabilitazione che lo rende subito candidabile».

Quanto a “Loro due”, intesi per i parziali vincitori delle elezioni, di cui Salvini è ancora formalmente un alleato, anzi paradossalmente il principale alleato in una coalizione di centrodestra che allo stato attuale esiste solo sulla carta, però una battuta sembra gli sia venuta spontanea dopo aver visto la notte di difficoltà della trattativa tra Cinque Stelle e Lega. E alla richiesta di altri giorni o ore al Capo dello Stato, il Cav avrebbe fatto un commento che più o meno suona così: «Questi due mi sa che non sanno neppure da che parte cominciare…». E, comunque sia, il leader azzurro lo aveva già previsto che «forze così diverse» difficilmente possono trovare un accordo. E ammesso che ce la facciano, Berlusconi già vedrebbe una breve durata di questo esecutivo. Ora mentre la trattativa tra Lega e Cinque Stelle, nonostante gli annunci ottimistici ( sempre però più cauto Salvini di Di Maio), ha bisogno ancora di giorni o ore per trovare la quadra, Forza Italia sta propendendo sempre più verso un no secco al voto di fiducia al governo giallo- verde, se nascerà. Che non votasse la fiducia era chiaro sin dall’inizio, messo nero su bianco da Berlusconi. Ma le altre opzioni in campo formalmente restavano anche quelle dell’astensione e dell’uscita dall’aula. Però fino a ieri sera prevaleva nettamente nelle file azzurre il pollice verso vero e proprio sulla fiducia. Nel fine settimana è un po’ cam- biato quasi “il mondo” nel centrodestra. Forza Italia esce rafforzata e rinfrancata dalla riabilitazione del suo leader, e dalla posizione quasi identica per l’opposizione presa da Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia. Meloni, che è stata molto abile nello smascherare le intenzioni di Di Maio venerdì sera e cioè quelle di essere lui il premier, ieri ha annunciato l’opposizione del suo partito. Anche se ha fatto presente che l’atteggiamento dipenderà dai provvedimenti che verranno adottati e dal fatto innanzitutto se il premier sarà di centrodestra. Perché se sarà grillino pollice verso alla fiducia. Ma Meloni, dopo aver criticato il capo dello Stato per non aver dato l’incarico al centrodestra, avverte anche l’alleato Salvini: no ad avventure. Dice la presidente di FdI: «Matteo rifletta se è meglio tornare al voto, con una nuova legge elettorale, dove il centrodestra vincerebbe garantendo un governo stabile, o scegliere un’avventura dagli esiti incerti». Intanto dentro Fi, assodato che la fiducia non sarà votata, i più duri e nettamente schierati per il voto contrario sono Maurizio Gasparri e Renato Brunetta. Gasparri: «Noi siamo coerenti e non benvolenti». Poi a una sfida al leader leghista: «Il crinale sul quale si è messo Salvini è molto delicato. Vuole tentare questo governo senza rompere l’alleanza. Neppure noi: Berlusconi lo ha detto. Abbiamo i dieci punti punti del programma di centrodestra come riferimento. Poi vedremo se indicano Giorgetti è un conto, se invece Di Maio o Di Battista un altro».

Brunetta attacca: «Per realizzare il programma giallo- verde serve una manovra tra i 65 e i 100 miliardi». L’ex capogruppo alla Camera posta poi su Facebook un video pirotecnico e ironico nel quale si accostano le varie cose anche al fulmicotone che avevano detto l’uno dell’altro Salvini e Di Maio. L’opposizione sarà certo «responsabile», dice Deborh Bergamini. Ma le mani si annunciano davvero libere. Perché ora che anche Meloni si è schierata all’opposizione, e annuncia già da ora il pollice verso alla fiducia se il premier sarà grillino, è confermato che il governo giallo- verde avrà solo 6 senatori in più a Palazzo Madama. E dentro Forza Italia qualcuno già inizia a parlare «dell’errore fatto da Salvini che per non saper aspettare rischia di perdere la leadership del centrodestra». Ruolo che per i più duri avrebbe già perso. Anche se Salvini uscendo dalla consultazione con Mattarella è molto cauto quando ringrazia Berlusconi e Meloni di avergli dato la chance di provarci. E ribadisce che farà di tutto perché nell’eventuale nuovo governo siano rispettati i punti del programma della coalizione. Di più: Salvini dice di non essere al tavolo di trattativa come leader della Lega ma del centrodestra. E chiude cautamente il discorso al Quirinale così: «No ad accordi un tanto al chilo, o chiudiamo o ci salutiamo». Sembra già di intravvedere la ricerca di una exit strategy con Arcore se tutto andasse all’aria. Mentre sui social incominciano a farsi sentire le prime contestazioni di militanti leghisti che rispolverando il Bossi dei tempi d’oro gli chiedono di “avercelo duro” e di non farsi «fregare, incantare, raggirare da gente ambigua, inaffidabile, incorente, vanagloriosa, da quel Movimento che è stato il nemico fino a ieri».

Parole che non sono musica alle orecchie del leader leghista. Tanto più se alla fine sarà costretto ad accettare un tecnico, voluto dal Colle. Ad Arcore, anche se certo si tengono informati attraverso emissari di Via Bellerio, e un contatto telefonico c’è stato tra Berlusconi e Salvini, non possono ora che stare a guardare “Loro due”. Brunetta a fine serata sbotta: «Parole, questi due non hanno combinato ancora niente». Più o meno la stessa opinione del Cav.