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Dopo la manifestazione di piazza del Popolo, dove a sorpresa, ma per alcuni neanche troppo, si è presentato anche Gianni Cuperlo, il leader dialogante della minoranza interna, è guerra fredda anche dentro l'opposizione dem. Con la sinistra bersaniana, gelata dalla scelta di Cuperlo - il quale solo la sera prima avrebbe detto a Roberto Speranza che non sarebbe andato - ma ora attenta a non cadere nel gioco del cerino su chi diventerà responsabile della rottura. Tanto più di fronte all'emergenza terremoto per la quale Matteo Renzi chiede unità nazionale. Ma intanto il gioco del cerino nel Pd si è rinnescato con la presenza dell'ex presidente dem in piazza. Con tanto di selfie con il ministro Boschi. È stata sul piano plastico una oggettiva spaccatura del fronte degli oppositori che potrebbe alla fine dar man forte a Matteo Renzi nell'additare l'ala bersaniana come vera responsabile dello strappo.Cosa che invece l'ex capogruppo Speranza sta già tentando di imputare al premier-segretario quando dice: «Se non c'è rispetto per chi vota No, c'è il rischio che quella parte del partito non si senta più a casa». Così con una frase che ricorda un po' quel "che fai mi cacci" di finiana memoria, se ne è uscito a caldo l'uomo di Bersani, senza nominare Cuperlo. Ma per le prossime mosse della infinita partita a scacchi dei due, anzi ormai tre Pd, i riflettori sono tutti puntati sulla riunione della commissione, presieduta del vicesegretario Lorenzo Guerini, prevista per domani, per la modifica dell'Italicum. Cosa sulla quale però Renzi da piazza del Popolo secondo i suoi oppositori più duri avrebbe lasciato ben poco da sperare. Un cuneo nel quale Cuperlo ha deciso, di sua spontanea volontà, di infilarsi per andare a vedere le carte. Ma da qui a partecipare alla manifestazione di piazza del Popolo per la minoranza più dura e di fatto già in campo per il No ce ne corre. Anche se lo stesso ex presidente del Pd il giorno dopo ha messo le mani avanti rimarcando che «il sentiero è stretto». E ha criticato Renzi che non avrebbe dimostrato «la necessaria consapevolezza» per un accordo. La linea "zig-zagante" del suo ex fedelissimo allievo e soprattutto la sua presenza sotto il palco renziano, a dispetto di quanti credono che il filo del loro rapporto non si sia ancora del tutto spezzato e che anzi se vincesse il No ci potrebbe essere un oggettivo gioco di sponda, avrebbe suscitato aspre critiche da parte dell'ex maestro Massimo D'Alema. «Se si è arrabbiato Bersani, figuriamoci Massimo», è la voce che gira tra i militanti schierati per il No. E questo non solo ovviamente perché Cuperlo ha partecipato a una manifestazione dove è stato fischiato l'ex premier e leader Ds. Ma soprattutto perché D'Alema, come avrebbe osservato in alcune conversazioni private stenterebbe a riconoscere una vera linea politica nelle mosse del suo tormentato ex allievo, soprannominato nelle cronache come il «leader del Ni».Che restando nel mezzo correrebbe il rischio, secondo alcuni ragionamenti che fanno in via riservata esponenti a metà strada tra Bersani e D'Alema, di essere «usato e gettato da Renzi». Cuperlo, che ha confermato la sua volontà di «provarci fino in fondo» intanto però deve fare i conti con esponenti del suo gruppo "Sinistra dem", schierati già apertamente per il Sì come Andrea De Maria, esponente della segreteria del Pd, e quelli invece finora silenti come Barbara Pollastrini, segretario d'aula del partito a Montecitorio. Una piccola pattuglia che si colloca in quella linea d'ombra della minoranza sulla quale Renzi intende giocare le sue carte, dopo che altri esponenti ex bersaniani all'ultima direzione si espressero a favore del premier-segretario. Nel caso di vittoria del No forse il leader di Sinistra dem potrebbe giocare un ruolo come pontiere al congresso e comunque rivendicare il fatto che lui ha lavorato per tenere unito il Pd. Oppure correrà il rischio di «essere usato e gettato» tanto più se Renzi vincerà la partita. I bersaniani negano la scissione, ma uno di loro confida: «In quel caso sarà un altro mondo».