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Doveva venire a Roma per sondare l’umore e la fedeltà delle truppe e così è stato. Dopo settimane di tensione con Giuseppe Conte legate al futuro del Movimento 5 Stelle, Beppe Grillo arriva nella Capitale per guardare negli occhi i parlamentari che lui e Gianroberto Casaleggio hanno creato dal nulla e riprendere il controllo di una macchina impazzita. E col suo stile consueto, un po’ comizio e un po’ show teatrale, il comico a riposo parla agli eletti che il giorno prima avevano ascoltato la versione dell’ex premier. Incontra prima i deputati e poi i senatori. I rapporti tra il fondatore e l’aspirante rifondatore sono più distesi rispetto a 24 ore prima, merito di una telefonata chiarificatrice che però non smussa tutti gli angoli della contesa incentrata sullo Satuto del Neo Movimento e, soprattutto, sul ruolo del “garante”, che Conte vorrebbe ridimensionare. Una provocazione inaccettabile per Grillo, che davanti ai parlamentari ribalta la situazione, descrivendo l’aspirante leader come una brava persona da educare al grillismo. «Conte deve assimilare le nostre cose. Lui non sa cos’è veramente il Movimento, non ha girato con noi nelle piazze...», dice il fondatore agli eletti, presentando l’ex premier come ancora un corpo estraneo da omologare alla storia pentastellata. «Gli ho detto: “tu non sei un visionario. Io sono un visionario”» E il M5S ha bisogno «di un visionario come me e di un integerrimo come» l’ex avvocato del popolo. Perché, rincara la dose il leader, «è Conte che ha bisogno di me, non io di Conte». Come dire: fuori da queste mura l’avventura si fa complicata per tutti, anche per chi ha goduto di grande popolarità grazie all’esposizione garantita da Palazzo Chigi. L’arringa scatena gli applausi dei deputati, improvvisamente diventati comparse in una guerra tra diarchi. Ad ascoltare ci sono anche tutti i ministri pentastellati, a cominciare dall’inquilino della Farnesina, Luigi Di Maio, che incassa l’elogio ostentatamente esagerato del padre fondatore: «Sei uno dei ministri degli Esteri più bravi della storia». A differenza di Roberto Cingolani, il responsabile della Transizione ecologica teoricamente indicato proprio dai pentastellati, che «continua così è un bagno di sangue...». Ma, complimenti a parte, Grillo pretende riconoscenza. Non può accettare il prepensionamento a cui qualcuno vorrebbe accompagnarlo, ritenendolo non più adeguato a una forza ormai diventata istituzionale, ontologicamente di governo. Il comico ha bisogno di ribadire la sua centralità. «Io sono il garante, non sono un coglione», dice con i tempi teatrali giusti. «Ma perché mi devo sentir dire “non ti devi occupare di comunicazione”. Ma come? Io ho fatto questo per tutta la vita e allora dico che è ora di cambiare la comunicazione di M5S», aggiunge Grillo, che nella sua analisi a tutto tondo dei mali pentastellati individua anche i nuovi guru della propaganda contemporanea. «Casalino è bravissimo sulle tv, ma deve parlare anche con me, non solo con Conte. Ho chiesto che si interfacci anche con me, è una vita che faccio comunicazione». Sì, perché secondo il neo Statuto scritto da Conte «in avvocatese», il garante non avrebbe più dovuto parlare «a nome del Movimento», racconta il fondatore stizzito. Eppure, giura il comico davanti ai senatori, «questo è il momento di Giuseppe Conte, voglio rafforzarlo non indebolirlo». Ma prima bisogna sciogliere un po’ di nodi contenuti in quelle 32 pagine di regolamento inviate dall’ex premier. Siamo «siamo a tre quarti» del lavoro, assicura Grillo, «vi prometto che entro 2-3 giorni presenteremo il nuovo statuto con Conte». Su quel documento però non si parlerà di limite dei due mandati, il tema più caro agli eletti, che il comico vorrebbe mantenere e l’ex premier modificare: «Lo metteremo al voto degli iscritti». Infine il simbolo, su cui dovrebbe essere solo sotituita la scritta “Il blog delle stelle” con “2050”. L’anno in cui, forse termineranno le guerre nel M5S e sarà pronto il nuovo Statuto.