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Quirinale
Grazie dei fior, ma non possiamo accettare. Risponde più o meno così, in serata, il trio Letta-Conte-Speranza alla rosa dei nomi per il Quirinale presentata dal centrodestra. Nessun appunto sui profili scelti, definiti inizialmente «di qualità», ma i giallo-rossi preferirebbero figure maggiormente condivise. Senza però mettere sul piatto controproposte utili. Il vertice del centrosinistra, infatti, si conclude con la scelta di non fornire rose alternative, un po’ per evitare un clima da contrapposizione e un po’ per nascondere le profondissime divisioni interne. «Prendiamo atto della terna formulata dal centrodestra che appare un passo in avanti, utile al dialogo», fanno sapere i tre leader giallo-rossi, convinti però che «che su quei nomi» non «possa svilupparsi la larga condivisione in questo momento necessaria». Porta educatamente chiusa in faccia, dunque a Letizia Moratti, Carlo Nordio e Marcello Pera, i tre candidati, «senza tessere di partito in tasca» proposti da Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Antonio Tajani. Lo schema digiallo-rosso pretende un profilo «super partes». Che per Letta significa Mario Draghi e per Conte chiunque tranne l’attuale premier. Per venirne a capo, il segretario del Pd propone il metodo “conclave” ad alleati di coalizione e di governo: «Chiudersi dentro una stanza, buttare via la chiave e stare a pane e acqua fino ad arrivare a una soluzione finale», dice Letta, uscendo dal vertice. Da giovedì si potrà eleggere il capo dello Stato a maggioranza semplice, è dunque arrivato il momento di «smetterla con il tatticismo. Dobbiamo chiuderci in una stanza e arrivare a una soluzione con un nome condiviso, super partes e senza forzature», aggiunge il leader dem. Il centrosinistra chiede dunque un incontro per oggi con tutte le delegazioni. E solo allora i giallo-rossi, fanno capire, scopriranno le carte con i loro “jolly”. L’obiettivo di Letta è duplice: scongiurare che qualcuno metta il cappello sull’elezione del nuovo presidente e troncare il dialogo troppo fitto tra Salvini e Conte, decisi a fermare il cammino del presidente del Consiglio.La soluzione individuata, in realtà, serve solo a coprire lo stallo delle trattative sul Quirinale e prendere ancora tempo. Un atteggiamento insensato, secondo Matteo Renzi, abituato a giocare da protagonista le partite del Palazzo e momentaneamente escluso da entrambi i tavoli: «Si fanno le rose senza il coraggio di votare i nomi», scrive sulla sua E-news. «Alla terza votazione per il Presidente della Repubblica non si fanno le rose, si votano i nomi: facciamo politica, non sondaggi d’opinione. Si perde tempo con una votazione al giorno (torniamo almeno a fare due votazioni al giorno). E manca la regia politica», aggiunge il leader di Italia viva. Ma dentro le coalizioni e soprattutto all’interno dei singoli partiti le lacerazioni sono troppo profonde per immaginare che qualche leader sia in grado di intestarsi la regia politica del film quirinalizio. Salvini deve districarsi tra l’unità della maggioranza e quella dell’alleanza da lui guidata, consapevole che basta spostare un mattoncino per far venir giù almeno una delle due case. Letta, già alle prese col governo complicato del suo partito, dichiara di avere un ruolo («proteggere Draghi») profondamente diverso da quello di Conte («difendere l’interesse nazionale»). Sullo sfondo: il rischio elezioni anticipate che terrorizza più della metà dei protagonisti. E in questo clima di incertezza e diffidenza - in cui nessuno schieramento ha i numeri per far da sé - il guizzo del regista tarda ad arrivare. Non resta che prender tempo e tenere fuori dalle rose ufficiali qualche nome da tirar fuori all’occorrenza, come quelli di Maria Elisabetta Casellati e Pirferdinando Casini, i candidati ufficiosi di cui tutti chiacchierano nei corridoi di Montecitorio, senza che nessuno li schieri a viso aperto. E in attesa di una mossa del cavallo, oggi il centrodestra, al terzo scrutinio, l’ultimo a maggioranza qualificata, potrebbe scegliere di votare uno dei tre candidati messi in lista, giusto per testare la tenuta della coalizione.Tanto la partita vera inizierà solo giovedì. E senza una soluzione realmente condivisa, in tanti sperano ancora in “San Mattarella”, come recita il meme che in serata spopola sulle chat grilline.