I sondaggi di fine luglio confermano un trend che si cominciava ad intuire da diverse settimane. Giorgia Meloni è riuscita a contenere i danni rispetto all’azione di gradimento del governo, calata di un paio di punti, ma a capitalizzare al massimo sul proprio simbolo tornato sopra il 30% e, secondo Ipsos, a circa dieci punti di vantaggio dal Pd di Schlein, fermo al 19,5%.

La coalizione di centrodestra, però, è tutt’altro che il ritratto della salute. Continuano a perdere terreno sia la Lega di Matteo Salvini che Forza Italia orfana di Silvio Berlusconi. Il Carroccio veleggia intorno all’ 8%, mentre Fi arriva al 6%, perdendo oltre un punto percentuale nell’ultimo mese. Dati che stanno provocando un allarme generalizzato dentro gli azzurri che hanno da poco affidato a Antonio Tajani il compito di traghettare il partito verso il congresso. La scomparsa di Berlusconi, evidentemente, non si supererà facilmente e si teme un fuggi fuggi generale. Sia verso Fdi che offre sicurezze anche in vista delle prossime elezioni europee, ma anche verso la Lega con Matteo Salvini sempre più attivo per provare ad arginare il ruolo di Meloni e approfittare della crisi azzurra.

I numeri dei sondaggi, insomma, se mettono nuovamente in ghiaccio lo strapotere di Giorgia Meloni e i suoi uomini, lasciano intravedere possibili e nuove tensioni interne tra i partiti della maggioranza che sostiene il governo. Le riforme ancora in gestazione, con la Lega che spinge sull’autonomia differenziata, i temi della giustizia e del salario minimo, nonché le alleanze in Europa potrebbero diventare terreni di scontro sui quali provare ad esaltare le proprie specificità e magari risalire nei consensi. Ed in ogni caso il ruolo di Fdi pigliatutto, che adesso continua a crescere anche nel consenso, da tempo sta stretto agli alleati. «Mi auguro che il governo duri per tutti e cinque gli anni – ha detto Salvini durante la sua visita in Romagna - La gente che mi incontra mi chiede di lavoro, pensione e mutui. Se questo significa essere governista, allora sì». Governista, insomma, ma pronto a sfidare Fdi per evitare di essere fagocitato.

Nel campo del centrosinistra, invece, la situazione non si muove di molto nonostante dopo la cocente sconfitta dello scorso settembre nei vari partiti si sia provato a cambiare quasi tutto. A non decollare è il progetto della nuova segretaria Schlein che, dopo qualche guizzo iniziale, si è arenata in un eccessivo movimentismo che l’ha fatta diventare facile bersaglio per le pallottole delle correnti interne, a partire da quella guidata da Lorenzo Guerini.

Secondo Ipsos che fornisce i dati più penalizzanti per il Pd, non solo la distanza con Fdi sarebbe ai massimi storici, ma con il 19,5% Schlein dovrebbe cominciare a guardarsi le spalle dal Movimento Cinque Stelle dato al 16,3% e, dunque, in leggerissima risalita. Un dato che non facilita il compito della nuova segretaria e anzi mina la stessa bontà della strategia iniziale. Spostare verso i movimenti e verso sinistra il baricentro del Pd non solo non ha portato nuovi consensi, ma non ha neanche indebolito Giuseppe Conte che è ancora pronto a giocarsi la leadership dello schieramento di opposizione. E proprio su questo le correnti interne sono pronte a chiedere il conto alla segretaria che, fin qui, non si è assunta la responsabilità di nessuna delle sconfitte maturate alle elezioni (frutto di scelte precedenti), ma che adesso dovrà inevitabilmente cominciare a fare sul serio e ad ottenere risultati concreti.

Fra i cespugli del centrosinistra, poi, non mancano le sorprese. Continua a crescere costantemente l’alleanza Verdi e Sinistra, che supera tutti gli altri partiti più piccoli e si attesta al 4,1%, aumentando di quasi un punto percentuale. A seguire c’è Azione di Carlo Calenda, che con un più 0,8% sale al 3,9% e stacca di parecchio l’altro partito dell’ex Terzo Polo. Italia Viva di Matteo Renzi, infatti, perde addirittura l’ 1,1% e crolla al 3,0%.

Un altro balzo in avanti impressionante lo registra + Europa, che con un più 1,2% in un mese sale al 2,7%, raddoppiando quasi il suo consenso. Mettendo insieme tutte le forze del centrosinistra si arriverebbe ad un peso elettorale pari o leggermente superiore a quello dei partiti di centrodestra, ma questo rimane soltanto un mero esercizio aritmetico considerando l’armonia che regna tra i leader dell’opposizione.