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GIULIA BONGIORNO POLITICO
Operazione 17 luglio. A un mese esatto dall’approdo in Aula al Senato, a dettare la linea sul fine vita adesso è il calendario. Perché il tempo stringe e la svolta attesa forse è arrivata, ma non esattamente come era stata promessa. Non con un testo, dunque: che ancora non c’è, ma ci sarà la prossima settimana, assicura la maggioranza annunciando l’ennesimo rinvio. Il segnale bisogna cercarlo altrove, nelle dichiarazioni dei big di partito quanto nei silenzi degli altri.
Per ricamare sull’ultima riunione che si è tenuta oggi si potrebbe partire dall’apparizione a sorpresa di Giulia Bongiorno, che per la prima volta dopo sei mesi ha messo piede al Comitato ristretto di Palazzo Madama dove si discute la legge. «Sono stati fatti passi avanti», assicura la presidente della commissione Giustizia in Senato. Che fissa tre temi su cui bisognerà articolare la norma: «Il punto di partenza è quanto detto dalla Corte Costituzionale», spiega la senatrice leghista lasciando i lavori in anticipo; il secondo riguarda la nascita di un Comitato etico nazionale, che la maggioranza ritiene «essenziale»; il terzo è sulle cure palliative, che devono essere «concrete e non astratte».
Sul ruolo del Comitato nazionale, che secondo l’ipotesi emersa dopo il vertice a Palazzo Chigi dovrebbe essere nominato tramite un Dpcm, non ci sono ancora dettagli. Ma «sicuramente sarà di altissimo profilo», sottolinea Bongiorno. Per la quale l’obiettivo di portare il testo in Aula il 17 luglio è a portata di mano: la maggioranza condivide «una serie di principi» e ha buttato giù un po’ di punti. Ora spetta ai due relatori, Pierantonio Zanettin di Forza Italia e Ignazio Zullo di FdI, tradurli in un testo. Scriverlo in una settimana sarebbe anche possibile, ma resta da sciogliere il nodo più grande, quello relativo al ruolo del Servizio sanitario nazionale.
Su questo si esprime il meloniano Francesco Zaffini, presidente della decima commissione: «Abbiamo chiarito ai relatori che non si parla del luogo - spiega ai giornalisti -, cioè il soggetto può stare anche in ospedale, può stare anche in una Rsa pubblica, può stare in una Rsa privata, può stare a casa. L’importante è che non ci sia il coinvolgimento del servizio sanitario nazionale, cioè il denaro pubblico non paga una prestazione» che si materializza «in un diritto a morire, perché la Corte costituzionale non stabilisce il diritto di morire. Stabilisce il diritto a non essere punito» per «colui che aiuta e che assiste il suicidio».
È la posizione di Fratelli d’Italia, che non ha cambiato idea sul punto. La novità arriva invece da Forza Italia, che fino ad oggi si era mostrata “scettica”, dal momento che è la stessa Consulta ad affidare al Ssn le verifiche sulle richieste di suicidio assistito. «Non siamo favorevoli che una eventuale assistenza in queste fasi drammatiche sia considerata una prestazione del Servizio sanitario nazionale, non prevediamo che nei Lea ci sia un diritto al suicidio», dice il presidente dei senatori azzurri Maurizio Gasparri. Lasciando intendere che l’accordo è possibile. La Lega per ora non si esprime sul punto, mentre Noi Moderati - la cui proposta di legge sarà abbinata al testo base - spera che «si arrivi presto a una sintesi». A dirlo è Mariastella Gelmini, per la quale «serve una legge nazionale che eviti il rischio di una legislazione Arlecchino da parte delle Regioni».
Per quanto riguarda le cure palliative, Zaffini chiarisce che saranno «disponibili» ma «non obbligatorie». Come chiede anche il Pd, che a differenza della maggioranza non vede molti passi in avanti. Di fronte all’ennesima “fumata nera”, i dem hanno fissato i propri paletti: no al comitato etico nazionale, che «allude a una sorta di supervisione etica del governo sulle scelte dei singoli cittadini», spiega il senatore Alfredo Bazoli; il ruolo del servizio sanitario non si può negare, perché «l’alternativa è una privatizzazione strisciante inaccettabile»; le cure palliative non possono diventare un trattamento sanitario obbligatorio.
«Se presenteranno un testo lo valuteremo, altrimenti andremo in Aula con il nostro», dice Bazoli, relatore di un ddl che gode di una corsia privilegiata avendo raccolto le firme di oltre un terzo dei senatori. Per impedirlo, il centrodestra dovrà portare in Commissione un proprio testo. E magari non sarà questo a impensierire la maggioranza, già alle prese con le Regioni che lavorano alle proprie leggi. Perché c’è dell’altro: il prossimo 8 luglio l’eutanasia arriverà per la prima volta davanti alla Consulta. L’udienza riguarda il caso di una donna toscana di 55 anni affetta da sclerosi multipla progressiva e completamente paralizzata che, pur avendo tutti i requisiti di accesso al suicidio assistito stabiliti dalla stessa Corte, non è fisicamente in grado di assumere autonomamente il farmaco letale e chiede che possa somministrarlo il suo medico di fiducia.
Il tribunale di Firenze ha sollevato questione di legittimità sul reato di omicidio del consenziente, e la parola passa ancora una volta ai giudici, che ora potrebbero aprire anche a questa opzione. Il Parlamento si farà trovare senza legge o con una legge già “superata”?