Mentre il mondo politico si comporta come un formicaio impazzito, martedì la “crisi- non crisi” di governo dalle spiagge e dai luoghi di villeggiatura finalmente approderà nella sua sede naturale, il Parlamento. Vedremo le mosse del presidente del Consiglio e verremo sperabilmente informati su come i partiti intendono risolvere la situazione.

Nel frattempo si fa strada, complici le ambiguità delle affermazioni dei leader, una prospettiva che, se concretizzata, apparirebbe inverosimile molto più che contraddittoria: la possibilità cioè che tutto torni come prima, che la crisi rientri senza essersi mai sul serio manifestata, che una pennellata di scolorina cancelli parole e atteggiamenti e perfino lettere tra palazzo Chigi e Viminale, che hanno alimentato le discussioni e le preoccupazioni degli italiani sotto l’ombrellone. Insomma un gigantesco Scherzi a parte istituzionale.

Inutile rilevare, se davvero finisse così, l’ondata di discredito che si riverserebbe sugli attori politici che risulterebbe gigantesca. Non basta. Tornerebbe prepotentemente a galla il principale nodo politico di questi ultimi mesi, che su queste colonne abbiamo identificato come il meccanismo della doppia impossibilità. Un meccanismo che, oltre al nodo politico, disvela in modo assai più preoccupante un inquietante blocco di sistema.

La doppia impossibilità come qui descritta riguarda da un lato l’irrealizzabilità della prosecuzione del Contratto gialloverde viste le differenziazioni ormai insanabili tra i due contraenti: Lega e M5S. Ma dall’altro- e proprio le vicende di queste ore ne sono plateale conferma - la contemporanea impraticabilità della dissoluzione dell’accordo di maggioranza con annessa apertura della crisi.. Se così fosse, questa doppia impossibilità minaccia di avere come conseguenza l’immobilismo, peraltro già in atto, dell’azione di governo, una sorta di praterie di sabbie mobili che impedirebbero all’esecutivo di dispiegare il suo impegno legislativo, lasciando invece spalancata un’autostrada per i singoli interventi dei ministri, non più armonizzati in un quadro generale bensì semplice espressione dell’identità politica ( e di consenso) di ciascuno di essi, specie se vicepremier. Di qui la campagna elettorale continua, tonitruante quanto inconcludente. Non una scelta, tuttavia: piuttosto una necessità. Il pericolo è che in questa condizione il sistema politico- istituzionale collassa. A chi giova una situazione del genere?