Il Consiglio nazionale dei 5S contro l’ex capo politico: «Parole lesive per l’immagine del partito»

Le dichiarazioni di Luigi Di Maio sulla volontà grillina di “disallineare” il Paese dall’Europa e dalla Nato sono «inveritiere e irrispettose della linea di politica estera assunta» dal Movimento 5 Stelle. Dopo una riunione fiume, iniziata nella notte di domenica e chiusa lunedì mattina, il Consiglio nazionale pentastellato vota all’unanimità un documento che è un cartellino giallo sventolato in faccia al ministro degli Esteri. Al prossimo, se mai Di Maio sarà ancora in campo con i 5S, sarà espulsione. Perché le parole pronunciate dall’ex capo politico, «unitamente a quelle che evocano un clima di incertezza e di allarme in materia di “sicurezza nazionale” e quindi di instabilità del nostro Paese, sono suscettibili di gettare grave discredito sull’intera comunità politica del M5S» e sono «senza fondamento alcuno», recita il documento conclusivo del Consiglio nazionale. I dirigenti pentastellati confidano «che cessino queste esternazioni lesive dell’immagine e della credibilità» del M5S, ma la sensazione è che ormai il ministro degli Esteri sia di fatto con la testa e con il cuore rivolti ad altri orizzonti politici. Inutile, dunque, tentare una mediazione impossibile per ricucire un rapporto di fiducia col giovane leader di Pomigliano d’Arco. Troppo profonde le lacerazioni per pensare di metterci una toppa, ormai Di Maio e il Movimento sono due mondi incompatibili. Ma ai grillini non va proprio giù che l’inquilino della Farnesina abbia fatto circolare una vecchia bozza di risoluzione parlamentare ( mai presentata all’esterno) contraria all’invio di armi a Kiev per attaccare frontalmente il partito che gli ha consentito una brillante carriera politica. E che la rabbia nei confronti di questo “tradimento” sia molto diffusa tra i pentastellati lo si capisce a metà mattinata, quando persino Roberto Fico, il presidente della Camera sempre composto e istituzionale, sente il dovere di prendere posizione. «Non riesco a comprendere che il ministro degli Esteri Di Maio attacchi su delle posizioni rispetto alla Nato e all’Europa che nel Movimento non ci sono», dice Fico, rompendo il silenzio. Il M5S «è saldamente ancorato all’Unione europea e alla Nato», aggiunge, convinto che quella dell’ex capo politico sia solo un’azione «mistificatrice e non aderente alla realtà».

Di Maio, in altre parole, avrebbe volontariamente alterato i fatti per poter sferrare un attacco al suo partito. È un’accusa pesantissima del presidente della Camera, che pur non volendo parlare di eventuali espulsioni sceglie di assestare un altro colpo al suo storico “rivale” interno: non c’è nessuno scontro Conte- Di Maio in corso, «al massimo, è Movimento- Di Maio, perché attaccare il Movimento su posizioni che non sono in discussione dispiace a tutta la comunità».

Il messaggio, forse inatteso, arriva forte e chiaro alle orecchie del ministro, che però affida la replica al portavoce Peppe Marici: «Stupiti e stanchi per gli attacchi che diversi esponenti M5S, titolari anche di importanti cariche istituzionali, oggi hanno rivolto al ministro Di Maio», si dicono dall’entourage dell’ex capo politico. Ma il titolare della Farnesina, fanno sapere, «non replicherà a nessuno», «c’è un limite a tutto, ciononostante non si può indebolire il governo italiano davanti al mondo che ci osserva, in una fase così delicata». E mentre il mondo osserva l’Italia, Beppe Grillo osserva la sua creatura cadere a pezzi. Secondo quanto riferisce l’Adn- Kronos, il fondatore sarebbe furente per gli stracci volanti in pubblica piazza. «Così ci biodegradiamo in tempi record», avrebbe detto il comico, irritato dalle richieste di espulsione per Di Maio invocate sulla carta stampata. Grillo avrebbe preferito il silenzio e l’indifferenza di fronte alle punzecchiature del ministro, ma così non è stato e adesso gli toccherà “scendere” a Roma giovedì per provare a salvare il salvabile. Di salvabile però sembra sia rimasto molto poco. Ormai ci si interroga solo sul quando, non sul se, Di Maio abbandonerà il partito. Il numero dei potenziali seguaci dell’ex capo politico si assottiglia però ogni giorno di più. Fatta salva buona parte della pattuglia di ministri e sottosegretari, tra i parlamentari si fa strada la consapevolezza che seguire Luigi «con Mastella e Carfagna» sarebbe un salto nel buio. «Potrà garantire un futuro solo a se stesso», ragionano alcuni, «tanto vale restare qui e sperare nelle deroghe al secondo mandato». Sì, perché il meccanismo del salvacondotto per un “altro giro” è ancora tutto da definire, e qualcuno confida che le maglie si possano allargare, magari consentendo almeno una deroga per ogni Regione. «Se così fosse, posso giocarmela», spiega una fonte. «Anzi, mi auguro che più gente possibile vada via con Di Maio perché così si liberano spazi. Ma alla fine saranno al massimo in venti» .