Casta: non c’è parola più abusata di questa nel linguaggio politico italiano degli ultimi 15 anni. Termine spregiativo, utilizzato negli anni dai più disparati leader - spesso e volentieri apparentemente inconciliabili tra loro - per contrastare un mondo, quello politico, descritto come chiuso, privilegiato e incapace di sentire i bisogni del popolo. È questo il concetto che ha funzionato da ariete per smantellare il sistema di finanziamento pubblico ai partiti.

A imporre il vocabolo nell’agenda politica sono senza dubbio i giornalisti Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo, che nel 2007 scrivono un fortunatissimo bestseller - La Casta - capace di sovvertire il linguaggio e come la percezione. Del resto, il libro vende tantissimo anche perché il clima nel paese è già fertile: è sempre del 2007, infatti, il primo V-Day bolognese, quello in cui Beppe Grillo raduna in piazza migliaia di persone al grido di “Parlamento pulito”.

Il Movimento 5 Stelle non è ancora nato (verrà battezzato due anni più tardi ed entrerà nei Palazzi solo nel 2013) eppure il comico riesce ad attirare su di sé le attenzioni mediatiche e la supponenza dei partiti tradizionali, che snobbano le adunate antipolitiche grilline come fenomeno passeggero. Così, nell’indifferenza generale, Grillo continua a riempire le piazze e a costruire l’infrastruttura dell’organizzazione che di lì a poco scombussolerà tutto il panorama. Obiettivo: smantellare la partitocrazia corrotta.

Non tutti i leader però sottovalutano il messaggio. C’è un giovane sindaco a Firenze che da tempo scalcia per scalare il Pd con una parola d’ordine efficace e perfettamente in linea col clima del tempo: rottamazione! Matteo Renzi è il nuovo che avanza per travolgere la vecchia nomenklatura, la “ditta”. E se Grillo ha il V-Day, il sindaco fiorentino si inventa la Leopolda, l’appuntamento “smart”, l’anticongresso, che dal 2011 in poi partorirà nuove idee da trasferire nel corpaccione molle del Pd. È un ciclone.

E a rileggere oggi alcune delle 100 proposte uscite dal primo evento fiorentino fa impressione la sovrapponibilità con alcune delle battaglie storiche del M5S: riduzione del numero dei parlamentari, abolizione di tutti i vitalizi per i parlamentari e i consiglieri regionali, tagli ai costi delle Regioni, abolizione delle Province, niente più soldi alla stampa di partito, eliminazione della classe politica corrotta. E ovviamente: «Il finanziamento pubblico va abolito», a favore di un «finanziamento privato sia con il 5 per mille, sia attraverso donazioni private».

Ed è sotto queste due spinte così diverse e così uguali - quella grillina e quella renziana - che poco tempo dopo il finanziamento pubblico ai partiti verrà abolito. Sarà la fine di un metodo democratico e trasparente (tanto che le irregolarità sono sempre finite sotto la lente d’ingrandimento delle Procure) di fare politica, messo al bando in nome di una foga populista. La legge, licenziata dal governo Letta su grande pressione renziana, entrerà in vigore nel febbraio del 2014, un giorno prima dell’arrivo di Renzi a Palazzo Chigi, propiziato da quell’«Enrico stai sereno» passato alla storia.