Claudio Petruccioli sfoglia gli appunti. «Sento il bisogno un’esplicita autocritica. Il motivo è molto semplice: io non solo non considerai assolutamente sorprendente l’alleanza o meglio la confluenza di M5S e Lega in una stessa maggioranza dopo le elezioni, ma pensai che nonostante le tensioni e la continua fibrillazione era destinata a durare, almeno nell’intenzione dei contraenti. E mi ponevo il problema di quali ripercussioni e conseguenze ci potessero essere per il “sistema” politico. Da tempo infatti sostengo che l’Italia più di altri Paesi vive una crisi di sistema. Per crisi di sistema intendo quell’insieme di procedure e istituzioni che regolano la rappresentanza e la decisione, che da molto tempo, sicuramente dalla caduta del muro ma anche da prima, diciamo dal rapimento di Aldo Moro - non funzionano più e dovrebbero essere modificate. Dopo la crisi di agosto, il panorama è oggettivamente cambiato».

E dove finisce la sinistra? E’ possibile che in un Paese come il nostro, e più in generale in Europa, un partito che si richiama a quella tradizione non debba più avere legittimità?

E’ fondamentale chiarire in quale sistema si pronuncia la parola “sinistra”. Se per sinistra si intende un partito che agisce in un sistema proporzionale, in cui i governi scaturiscono dalle coalizioni, oppure se la collochiamo nello schema di blocco di opposizione contro la destra.

Allora chiarisco. Matteo Renzi che vuole trasferire in Italia lo schema di Macron è di destra o di sinistra?

Il mio approccio è diverso. Se immaginassimo per un attimo di trasferire il nostro sistema nel contesto istituzionale francese, quello che ha fatto e detto Renzi potrebbe aver senso e potrebbe portarlo alla vittoria rapidamente. Perché lì la competizione fondamentale è quella per il presidente della Repubblica. Macron ruppe con il partito socialista per concorrere alla Presidenza, ma non era affatto sicuro di vincere. All’audacia si aggiunse la fortuna con l’uscita di scena forzosa di Fillon, che nella competizione a due era più attrezzato. Proviamo ora a immaginare di trasferire in Italia lo schema francese. Lo scontro Renzi- Salvini sarebbe possibile: anche elettori di centro- destra ( quelli contro Salvini) e di centro- sinistra voterebbero per Renzi già al primo turno. Nello schema francese Renzi dovrebbe casomai temere che il Pd puntasse su altre personalità, tipo il sindaco di Milano, Sala. Quindi il punto di fondo è il sistema politico che vige.

Beh, Renzi ha detto che prima di tutto vuole concorrere ad elegge un nuovo capo dello Stato “europeista”...

Trovo molto significativo che tutte le forze politiche in difficoltà stiano cominciando a ragionare come se la posta in gioco più importante non fosse palazzo Chigi ma il Quirinale: fa riflettere sulle riforme che dovrebbero far superare il collasso istituzionale. Il Colle ha acquistato un’importanza fondamentale, sia a destra che a sinistra. È stato il messaggio politico più importante lanciato da Renzi alla Leopolda: l’elezione di un presidente europeista.

La suggestione francese è attraente. Ma qui siamo in Italia: altro che presidenzialismo...

La capacità di riforma del sistema non c’è, le forze non ci sono, ma ci sono i processi. Che diventano luogo comune presso l’opinione pubblica. Quando torneremo al voto, diventerà inevitabile aggiungere, se ci sono le coalizioni, al nome del candidato primo ministro il nome del presidente della Repubblica. E’ già stato fatto per il presidente del Consiglio. Il punto critico di Renzi è che si muove come se fossimo in un sistema semipresidenziale.

Intanto c’è il Rosatellum...

La cosa peggiore di tutte. Sembra fatta apposta per tenere insieme il centro- destra. Rispetto al proposito con cui è nata la legge Rosato, ora abbiamo il contrappasso: rischia di essere la tomba del centro- sinistra. Il nostro sistema è maggioritario nei comuni, misto nelle regioni, per il Parlamento è 70 e 30: prevale il proporzionale. Questo è uno dei drammi dell’Italia. Di Maio che dice saranno sempre ago bilancia. Ma con questa legge elettorale è impensabile.

Parliamo di Salvini. A piazza San Giovanni ha riunito un popolo composito con tanta voglia di rivincita...

A San Giovanni c’è stato un ricompattamento del centro- destra. Non è detto che a livello elettorale funzioni, ma anche se Berlusconi ora non influenza più è importante la posizione che ha preso. Se avesse deciso di non andare ( come hanno fatto Brunetta e altri) l’operazione di rendere commestibile a un elettorato più grande la sua politica, il capo della Lega non l’avrebbe ottenuta. Il Conte due è stato un tentativo di resistere all’assalto di Salvini. Ma non è avvenuto niente di simile a ciò che è accaduto a San Giovanni. Questo, diciamo, “allungamento del caffè” di Salvini, questo suo moderatismo di ritorno per esempio sull’euro, se avrà seguito sarà un fatto positivo. Può dare vita a una destra potabile, un fatto che ti dà più possibilità di vincere.

Di fronte al protagonismo del centro- destra, come deve rispondere la maggioranza giallorossa?

L’obiettivo è durare fino a fine legislatura o fino all’elezione del nuovo capo dello Stato. Ma se non c’è chiarezza sul dopo, come si possa arrivare al 2022 non è chiaro. Ciò che serve è dare sicurezza almeno sul terreno della leadership e del sistema.

Qual è l’elemento ostativo alla formazione di una colazione di sinistra? L’atteggiamento di Renzi?

Ognuno ci mette del suo. Ma le difficoltà maggiori sono quelle che non si affrontano e vengono nascoste: il sistema elettorale e la leadership. Dal punto di vista programmatico realizzare parziali convergenze è relativamente facile. Ma se devi decidere quale leader della coalizione e quale sistema elettorale, si fa il vuoto. Questo perché ci sono le “politiche” ma non c’è la Politica. Solo slogan. Da questo punto di vista l’unico che prova a far capire questa cosa è Conte. Per competere con il centro- destra, bisogna individuare fin da subito un candidato premier di coalizione perché deve diventare un punto di unificazione e coagulo. La scelta di un candidato premier renderebbe evidente la volontà di “fare” la coalizione. Era vero già nel ’ 94; Berlusconi vinse innanzitutto per questo: lui era candidato premier, dall’altra parte non c’era nessuno ( o ce n’erano troppi). Mi pare che oggi lo schieramento alternativo alla destra sta messo peggio di allora.