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Il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi
Sta diventando una questione di Stato il caso di Najeem Osema Almasri, capo della polizia giudiziaria libica arrestato domenica scorsa a Torino, liberato mercoledì e riportato in Libia con un aereo dei nostri Servizi segreti. Avs ha presentato un’interrogazione al ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, che in Senato ha risposto rimandando tuttavia i chiarimenti alla prossima settimana, quando interverrà in Aula con un'informativa urgente.
Il titolare del Viminale si è limitato a spiegare che «l’espulsione che la legge attribuisce al Ministro dell’Interno è stata individuata quale misura in quel momento più appropriata, anche per la durata del divieto di reingresso, a salvaguardare la sicurezza dello Stato e la tutela dell’ordine pubblico che il Governo pone sempre al centro della sua azione».
In sostanza, Almasri è stato rimpatriato perché troppo pericoloso, ma proprio questo era il motivo per cui la Corte penale internazionale de L’Aia aveva emesso nei confronti un mandato di arresto internazionale, il 18 gennaio, accusandolo di crimini contro l’umanità.
Poco prima dell’intervento di Piantedosi in Aula Avs aveva messo in scena una protesta in piazza Montecitorio chiamando in causa l’altro ministro coinvolto nella vicenda, e cioè il Guardasigilli Carlo Nordio. «Attendiamo le sue dimissioni perché ha mentito al Paese - ha spiegato il coportavoce di Avs, Angelo Bonelli - Le questioni legate agli errori procedurali erano solo un alibi per consentire al trafficante di esseri umani, torturatore, stupratore, il comandante libico, di essere liberato e addirittura di essere accompagnato con un aereo di Stato». A chiamare in causa direttamente la presidente del Consiglio Giorgia Meloni è invece la leader del Pd Elly Schlein, secondo la quale l’inquilina di palazzo Chigi «si nasconde dietro i suoi ministri». Secondo Schlein «Meloni deve venire a rispondere in Aula, perché in questa pessima vicenda non è possibile che non ci fosse un coinvolgimento diretto di Palazzo Chigi».
Al momento la presidente del Consiglio ha preferito il basso profilo, non è intervenuta pubblicamente per spiegare quanto accaduto e ha mandato avanti i ministri competenti, tra i quali il titolare della Farnesina Antonio Tajani. Per il leader di Fi e ministro degli Esteri «l’Italia non è subordinata a nessuno» ma la Cpi «non è il verbo», nonostante l’Italia abbia firmato la carta di Roma, e che dunque le sue decisioni possono anche non essere applicate.
E intanto si moltiplicano le testimonianze di migranti che denunciano le torture di Almasri, il quale secondo Il Foglio già dal 6 gennaio stava girando per l’Europa e sarebbe passato dalla Gran Bretagna, dal Belgio e dalla Germania prima di arrivare a Torino per assistere a Juventus Milan di sabato scorso. «Nel novembre 2019 - spiega in un breve filmato David Yambio, attivista di Sea-Watch e portavoce di Refugees in Lybia - sono stato catturato nel Mediterraneo e riportato in Libia. Sono stato messo in un centro di detenzione. In seguito, sono stato trasferito ad El-jadida, dove comandava Almasri e dove mi ha torturato personalmente. Da lì sono stato portato alla base aerea di Mitiga, dove ho assistito a molte atrocità che non posso descrivere».
Ma a proposito di rapporti Italia-Libia, ieri il ministro libico per la Comunicazione e gli Affari Politici, Walid Al Lafi, era a Palermo per rafforzare la cooperazione bilaterale nei settori delle nuove tecnologie e della digitalizzazione. «L’accordo con la Libia è particolarmente significativo perché riguarda proprio la connettività, l’utilizzo delle nuove tecnologie e la cooperazione nel campo dell’Intelligenza artificiale - ha detto il ministro il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso.